Continua a crescere il sistema imprenditoriale che fa capo a Confcooperative Terre d’Emilia, che nelle province di Bologna, Modena e Reggio Emilia raggruppa 619 cooperative con 175.980 soci, 46.541 occupati e un fatturato di 9,2 miliardi di euro.
Nell’ultimo anno, come ha ricordato il presidente dell’organizzazione, Matteo Caramaschi, aprendo l’assemblea annuale della centrale cooperativa, il numero degli addetti è aumentato del 2,2%, mentre il fatturato è salito del 5,4% e il patrimonio netto ha segnato un +2,1%.
Una crescita, peraltro, che è stata ancora più intensa nelle aree interne e, in particolare, in quelle appenniniche, confermando una peculiarità – ha aggiunto Caramaschi – che distingue la cooperazione in termini di legame con il territorio e la colloca al centro di quell’economia sociale cui è oggi dedicato il nascente Piano nazionale.
E proprio a questo piano – ha ricordato il presidente di Confcooperative Terre d’Emilia – si legano importanti chances non solo e non tanto per la cooperazione, ma per un Paese che “ha bisogno di accelerare fortemente su uno sviluppo sostenibile fondato su nuove opportunità per tutti, su un’equa distribuzione dei redditi che vada a sancire reali principi di giustizia sociale”.
Al centro dell’attenzione del legislatore (che, dopo l’approvazione del Piano, dovrà tradurre in atti i riconoscimenti di principio in esso contenuti) c’è un ampio mondo di enti e imprese che complessivamente occupa 1.350.000 persone, di cui 1.100.000 dipendenti di cooperative.
Da Confcooperative Terre d’Emilia, dunque, valutazioni molto positive su un’impalcatura legislativa che, tra l’altro, riconosce il valore della cooperazione come impresa sociale in tutti i comparti, vale a dire dall’agricoltura alla casa, dal welfare ai servizi alle imprese, dallo sport al credito.
Tre, secondo il presidente Caramaschi, le grandi sfide cui sono attesi la cooperazione, tutto il sistema imprenditoriale e le amministrazioni pubbliche: la formazione al lavoro, la casa (tra le grandi emergenze che richiedono anche l’intercettazione di risorse finanziarie pubbliche, ma anche di un capitale privato non speculativo) e l’invecchiamento della popolazione, che nel 2050, in Emilia-Romagna, vedrà la presenza di 284 anziani (oggi 201) ogni 100 bambini.
E’ anche su questi versanti, allora, che serve quella “ricucitura sociale” di cui ha parlato il vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Vincenzo Colla (impegnato nella costruzione di una nuova legge regionale per l’economia sociale), secondo il quale la preoccupazione, oggi, non riguarda il lavoro tout court, ma soprattutto il lavoro povero.
A proposito del Piano nazionale per l’Economia sociale, il presidente nazionale Maurizio Gardini ha detto che per quest’ampio mondo di enti e imprese sarà primario l’obiettivo di provvedimenti fiscali “che non rappresentano privilegi, ma il riconoscimento di meriti di chi, molto spesso, sta in luoghi e in settori dai quali tutti se ne vanno”.


