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Cia: ‘il mercato agricolo è davvero impazzito e non sembra voler rinsavire’

E’ difficile capire cosa è avvenuto all’improvviso sui mercati agricoli mondiali, tanto da portare impennate su alcuni prezzi (cereali, latte) tali da avere ricadute visibili anche sui prezzi al consumo. “Il mercato agricolo è impazzito?”, si chiedeva il titolo dell’Assemblea annuale dei dirigenti Cia tenutasi la sera di giovedì 15 novembre alla Cantina Albinea Canali.

“Sì, è impazzito – è stata la risposta del prof. Corrado Giacomini dell’Università di Parma – e non sembra voler rinsavire, almeno in tempi brevi”.
Una battuta che spiega un po’ la sorpresa ed un po’ la difficoltà che il mondo accademico, non diversamente da quello agricolo, trova nel capire ed affrontare le nuove situazioni. Con il professore, commentatore di economia e politica di settore anche per il settimanale “Informatore Agrario”, hanno affrontato il tema il direttore della Cia reggiana Francesco Zambonini, il presidente provinciale Ivan Bertolini e quello regionale Nazario Battelli, mentre il dirigente dell’assessorato provinciale agricoltura Antonio Tamelli ha portato un contributo incen-trato sul Piano rurale integrativo provinciale appena approvato.

Integrare le strutture dell’agro-alimentare ed internazionalizzare la presenza sui mercati, perché a questo livello oggi si compete, è la direzione di marcia per le imprese agricole, perché se oggi parte di esse hanno il sollievo di ricavare dai propri prodotti una maggiore remunerazione, è un dato di fatto che le produzioni agricole stanno diventando sempre più appannaggio e punto di forza di alcuni paesi emergenti (il Brasile è un caso esemplare).
Conquistarsi un futuro nella competizione è perciò indispensabile, ma questo richiede un cambiamento nei rapporti all’interno delle catene (o filiere) agro-alimentari, con maggior attenzione agli interessi comuni rispetto a quelli particolari; lo strumento per fare questo sono i contratti interprofessionali, e Battelli in particolare ha citato in positivo il recente esempio dell’accordo per il pomodoro da industria nelle regioni del nord Italia sottoscritto da 11 rappresentanze, dai produttori fino agli industriali.
Le politiche sono un altro punto di fondo per affrontare i nuovi scenari, ed è ormai assodato che quelle europee fanno fatica ad adeguarsi ai tempi rapidi di evoluzione delle situazioni dei mercati. Rispetto alla situazione reggiana, c’è notevole interesse per il destino delle quote latte, ormai destinate ad essere abbandonate alla data del 2015. Il tema che si è posto nella discussione è quello di affrontare questa prospettiva dandosi il tempo di or-ganizzare un “atterraggio morbido”, in particolare per chi in questi anni ha rispettato le regole ed investito sui “diritti a produrre”.

Numerosi sono stati gli spunti di analisi offerti dall’introduzione di Zambonini, che aiutano a capire costa sta avvenendo sui mercati agricoli. Il processo di liberalizzazione degli scambi, l’incremento della domanda alimentare ed i processi di urbanizzazione nei paesi in via di sviluppo, aprono la strada a nuovi Paesi protagonisti del commercio mondiale. Crescita demografica e transizione alimentare sono due fattori che spingono ad un aumento della domanda globale di alimenti. I Paesi in via di sviluppo rappresenteranno l’85% dell’incremento della domanda mondiale di carni e cereali nei prossimi 20 anni.
Ciò avverrà in un contesto sempre più di risorse limitate. Per corrispondere alla domanda aggiuntiva, la produzione mondiale di cereali dovrebbe aumentare del 40%. Negli ultimi 30 anni le aree agricole del mondo sono aumentate dell’8%; nello stesso tempo la popolazione mondiale è aumentata del 70%.
I recenti picchi dei prezzi di molti prodotti agricoli sono da addebitare in larga misura a fattori transitori come la siccità e la diminuzione delle scorte. Alcuni cambiamenti strutturali però, come l’accresciuta domanda di biocombustibile e la riduzione delle eccedenze derivate dalle riforme agricole, potrebbero mantenere i prezzi al di sopra dei livelli di equilibrio nei prossimi 10 anni.

Di fatto, il prezzo del frumento all’ingrosso passa in pochi mesi da 152 a 204 dollari la tonnellata, quello del granoturco da 103 a 140 dollari e viaggia verso i 160. Il prezzo del riso è salito del 23% e risalendo la catena alimentare, l’ONU prevede che burro, formaggio carne e latte rincareranno almeno del 15% l’anno prossimo. Il motivo immediato del sommovimento in corso è che in sei degli ultimi sette anni il mondo ha consumato più cereali di quanti ne abbia prodotto. Ha cioè svuotato i magazzini.
Contemporaneamente, una gravissima siccità ha colpito alcune delle principali aree di produzione.
Ci sono però modificazioni di fondo nei mercati: dieci anni fa, l’uscita dalla fame nei paesi emergenti del terzo mondo è avvenuta attraverso un maggior consumo dei cibi tradizionali. Quello che sta avvenendo oggi è che il salire del livello medio di reddito ed il moltiplicarsi della classe media in questi Paesi, sta modificando i consumi. La domanda di riso, mais, frumento in Cina, rispetto agli anni 90 è in calo.
Contemporaneamente il consumo di carne è aumentato del 50%. Il paniere della spesa dei cinesi come quello di altri Paesi emergenti, assomiglia sempre più a quello di una famiglia occidentale.

















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