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Rifugi da incubo in Appenino, Federconsumatori ER: “Indispensabile fare i nomi per non colpevolizzare l’intero settore e il territorio montano”

“I Carabinieri dei NAS di Bologna hanno ispezionato 16 rifugi, punti di ristoro e locande nell’Appennino emiliano romagnolo, scoprendo in 12 di loro una condizione oltre ogni possibile immaginazione che ci spinge a parlare di rifugi da incubo.

Ci complimentiamo con i Carabinieri, ma è per noi del tutto incomprensibile la mancata comunicazione ai cittadini dei nomi dei soggetti coinvolti che servirebbe a  evitare di colpevolizzare tutto un settore, quello dell’ospitalità in Appennino perché non si distingue tra chi rispetta le regole e chi non lo fa. Senza questa distinzione tra chi si sforza di proporre e produrre alimenti sani, del territorio, nel rispetto delle norme di trattamento, in locali salubri, e chi propone alimenti scaduti da più di vent’anni, conservati in ambienti che sarebbero stati discutibili già nel Medioevo, tra animali vivi, gatti, cani e topi, e animali morti, cibi mal conservati, di età incerta e di provenienza ignota. La grande quantità di alimenti scaduti, privi di tracciabilità, conservati scorrettamente e trattati in ambienti meno che idonei, come garage o antibagni, cozzano terribilmente con l’attesa delle persone che in Appennino cercano natura e genuinità, e non intossicazioni alimentari e il rischio botulino. Non si può scherzare con la salute dei cittadini, i fatti riportati sono gravissimi. Per questo siamo colpiti negativamente dalla decisione di non rendere pubblici i nomi degli esercizi coinvolti, corredati dalle specifiche responsabilità. Ne viene fuori un calderone dove anche i quattro rifugi nei quali è stata riscontrata una piena regolarità sono assimilati ai quattro chiusi d’autorità e agli otto ai quali sono state comminate sanzioni. Una situazione che tocca ovviamente anche le migliaia di ristoranti e trattorie del nostro Appennino, nei confronti dei quali potrebbe ridursi la fiducia dei clienti. Il carissimo tartufo spolverato su di un piatto viene per davvero dalle Valli del Dolo e del Dragone? O è albanese? Oppure è cinese, aromatizzato chimicamente? E vogliamo parlare dei porcini, che ogni anno l’Italia importa essiccati per 2.000 tonnellate da paesi come la Croazia e la Cina?

Federconsumatori Emilia Romagna avanza tre proposte.

La prima, che ripetiamo, è quella di fare i nomi dei sanzionati, riportando alla responsabilità individuale, per quanto diffusa, i fatti rilevati dai NAS. Quando è in gioco la Salute pubblica non sono accettabili le interpretazioni restrittive in materia di privacy, che spesso non valgono, curiosamente, per fatti infinitamente meno importanti. Per questo, a sostegno della nostra richiesta, e per gli effetti di questa mancata informazione, chiederemo l’intervento del Garante Concorrenza e Mercato.

La seconda è affrontare questo tema nella sua generalità, fuori dall’emergenza, a partire dal sistema delle regole e delle garanzie per i consumatori. Una sede, che a nostro parere deve essere quella della Regione Emilia Romagna, dove possano essere affrontati temi come i controlli, i requisiti, la formazione dei gestori e degli addetti. Nessuno tra coloro che entrano in un rifugio o una locanda in Appennino pensa di essere in un ristorante stellato; ma non sono negoziabili elementi come la salubrità degli alimenti e dunque la salute dei consumatori.

La terza proposta che avanziamo è quella di premiare i quattro rifugi che sono risultati pienamente in regola durante i controlli dei NAS. Siamo certi che non ci saranno difficoltà a fare il loro nome, evitando di assimilarli a chi serviva a tavola della mortadella, prodotta quando in Italia circolavano ancora le lire”.

 

(Federconsumatori Emilia Romagna)

















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