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Tre anni di JLB, il catetere giugulare ecoguidato sviluppato al Policlinico di Modena: 99,2% di successi

I risultati di tre anni di utilizzo del JLB, il catetere venoso inventato dal dottor Lucio Brugioni, Direttore della Struttura Complessa di Medicina Interna e Area Critica (MIAC) del Policlinico di Modena, e sviluppato con la collaborazione di Delta Med Spa, sono stati presentati in questi giorni in anteprima al 5th Congresso mondiale sugli accessi vascolari WOCOVA che si è svolto a Copenaghen, in Danimarca (20-22 giugno 2018). Il nuovo device – brevettato nel 2013 e presentato nel dicembre 2015 – è efficace per il trattamento dei pazienti ospedalizzati con depauperamento del patrimonio venoso che necessitano comunque di accesso venoso adeguato alla somministrazione di terapie mediche e salvavita. I dati analizzati hanno incluso un migliaio di pazienti dal giugno 2015 al febbraio 2018, con un’età media di 66,8 anni in leggera prevalenza donne, con una percentuale di successo nell’incannulare la vena giugulare interna o altre vene di medio grosso calibro del 99.2%, la durata media in sito del device di 7 giorni.

Lo studio multicentrico ha coinvolto, strutture dell’AOU di Modena. Al Policlinico, oltre al MIAC, l’Anestesia 1 e 2 (dirette rispettivamente dal prof. Massimo Girardis e dalla dottoressa Elisabetta Bertellini), la Chirurgia Oncologica Senologica (prof. Giovanni Tazzioli), la Chirurgia Generale d’Urgenza e Oncologica (prof.ssa Roberta Gelmini), la Gastroenterologia (prof.ssa Erica Villa). All’Ospedale Civile di Baggiovara, il MIAC (dottor Giovanni Pinelli), la Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso (dott. Marco Barozzi), l’Anestesia e Rianimazione (diretta dalla dottoressa Elisabetta Bertellini).  Ha partecipato allo studio, inoltre, la Struttura del PS-Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Civile di Sassuolo (dott. Marco Barchetti).

L’incannulamento ha avuto successo nel 99,2% dei pazienti. Ogni procedura è durata circa 4 minuti. Nel 95,1% dei casi il catetere è stato posizionato nella vena Giugulare interna. “In questi tre anni di utilizzo non abbiamo avuto nessuna complicanza maggiore – racconta il dottor Lucio Brugioni – mi riferisco al pneumotorace, alle aritmie severe, ai grandi sanguinamenti o alla trombosi venosa. Le complicanze cosiddette minori sono state rare: due ematomi locali, una flebite, un episodio di tachicardia lieve. Il numero di dislocazioni o occlusioni è stato minimi (16 casi in totale) e questo dato è decisamente più basso di quelli osservati in letteratura per altri dispositivi. I dati, insomma, hanno dimostrato la bontà dell’intuizione che abbiamo avuto quando abbiamo deciso di studiare questo tipo di catetere. Un altro aspetto da sottolineare è poi che la procedura si fa al letto del paziente ed è mininvasiva”.

Il JLB è nato e si è sviluppato nell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena. “Tutto ha avuto inizio nel 2005, quando il Policlinico mi ha messo a disposizione un ecografo in reparto – continua il dottor Lucio Brugioni – Sono state l’esperienza, l’osservazione sul campo e lo stato di necessità a farmi nascere l’idea di quella che oggi è divenuta una realtà. Da questa osservazione è nata l’idea del JLB CATHETER, il catetere venoso ecoguidato per la vena Giugulare Interna. In tanti casi, mi sono trovato a fare i conti con pazienti nei quali risultava particolarmente difficoltoso avere a disposizione un accesso venoso adeguato alla somministrazione di terapie mediche; il posizionamento di catetere venoso centrale (cvc) è procedura delicata, invasiva e talvolta complessa e sproporzionata alle necessità di infusione per alcune tipologie di pazienti. Da questa considerazione, anche grazie alla crescente esperienza in campo ecografico, è nata l’idea di circoscrivere l’accesso alla vena Giugulare Interna, che si configurava come un’alternativa valida e più semplice. Ci tengo a rimarcare che tutto quello che è stato fatto in questi tre anni è stato possibile solo grazie alla collaborazione dei colleghi e alle grandi professionalità presenti nei due Ospedali di Modena. Un particolare ringraziamento va alla Farmacia dei due Ospedali (dr.ssa Marzia Bacchelli e dr.ssa Marilena Amato De Serpis) e alla segreteria del Comitato Etico (dr.ssa Anna Bianchi)”.

In collaborazione con la Delta Med Spa di Viadana (MN) è stato, quindi, sviluppato un catetere in poliuretano di terza generazione della lunghezza di 6, 7, 8 cm, con un diametro di 16-17-18G per incannulare la vena giugulare interna in emergenza urgenza e nei pazienti con patrimonio venoso convenzionale depauperato. Il 20 dicembre 2013 è depositato il brevetto di utilità. Un anno dopo, il 19 dicembre 2014, è stato richiesto anche quello europeo, con pubblicazione che è avvenuta il 24 giugno 2015.

Nello stesso anno, è arriva il via libera anche per il marchio CE. In poco più di due anni il dispositivo è stato presentato in 18 congressi nazionali e internazionali, fra i quali, oltre a quello mondiale di Copenaghen vanno citati Congresso l’European Society Anesthesia (ESA) di Ginevra (2017) e quello dell’American Vascular Access (AVA) di Orlando (USA) (2016) e il Congresso dell’European Society For Emergency Medicine di Vienna (2016) e il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza – Urgenza (SIMEU) di Roma (2018).

“Questo catetere riveste un ruolo fondamentale nell’approccio al paziente da sottoporre ad intervento chirurgico e ricoverato in Terapia intensiva – ha aggiunto la dottoressa Elisabetta Bertellini – Ormai la chirurgia consente di operare sono sempre più pazienti complessi, polipatologici e anziani. Questi pazienti hanno, spesso, alle spalle numerosi ricoveri ospedalieri e di conseguenza manifestano un significativo depauperamento del patrimonio venoso. In questi casi il JLB CATHETER consente un accesso venoso sicuro che può essere lasciato in situ a lungo e con una migliore gestione infusionale sia immediatamente post-operatoria che per la durata del ricovero. In Terapia Intensiva l’impiego del dispositivo è utile in urgenza, qualora sia necessaria un’infusione rapida e non vi sia la possibilità immediata di CVC, nel paziente ricoverato da tempo in cui non è più necessario il CVC ma deve essere garantito un accesso venoso sicuro. All’anestesista, infine, viene spesso richiesta la collaborazione da parte di colleghi di altre unità operative nel reperire accessi venosi in pazienti complessi, che non necessitano di catetere venoso centrale. Anche in questi casi l’utilizzo del dispositivo JLB risulta essere vantaggioso.”

 

















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