Si trasmette il discorso pronunciato dal Sindaco Virginio Merola in piazza del Nettuno nell’ambito delle celebrazioni per la festa del 25 aprile.
Alla fine della cerimonia il Sindaco ha rivolto un augurio di buona convalescenza al presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano.
“Voglio ringraziare i partigiani e le partigiane, i caduti dell’esercito che hanno fatto la scelta di stare dalla parte della libertà e della democrazia, voglio ringraziare i nostri caduti nei campi di concentramento e internati, lo voglio fare salutando Franco Varini che oggi è salito qui sul palco noi. Franco Varini oggi è seduto, perché anche per lui gli anni passano, ma credo che sia un esempio di cosa significa essere capaci di stare in piedi quando è il momento. Portiamolo con noi questo esempio e vediamo di essere tutti insieme all’altezza di questa città che non vuol dire essere nostalgici del passato ma essere all’altezza, ovvero essere capaci di portare avanti quei valori che ci sono stati consegnati per il nostro futuro.
Io voglio dirvi innanzitutto che questa è una festa, è la festa del 25 aprile. Oggi 8 milioni di italiani godono di un bel ponte ma questa festa permette quel ponte che altrimenti non ci sarebbe stato; questa festa permette di dire che il 25 aprile è una festa nazionale che ci ha dato 73 anni di pace in Europa. Noi possiamo essere e dobbiamo essere, come ha detto Anna Cocchi, critici su come si sta muovendo l’Europa ma la nostra critica è per unire, per sostenere la prospettiva dell’unità europea; perché al di là di tutte le nostre critiche e dei problemi che viviamo ogni giorno in un’Europa che sembra lontana e sorda, e questo dobbiamo dirlo, ricordiamoci anche perché siamo qui: siamo qui perché questa Europa ha garantito 73 anni di pace e questa è la cosa importante, anche di prospettiva, per il nostro futuro. Tra la prima e la seconda guerra mondiale ci sono stati 60 milioni di morti, dal 1945 a oggi l’Europa vive in pace. Certo, nel contesto che ha descritto Anna Cocchi, le guerre continuano a esserci ma l’Europa può essere un esempio, come è stato detto e come io profondamente condivido.
Senza questa giornata noi italiani non conosceremmo la differenza tra democrazia e dittatura. Per questo voglio salutare, in particolare, il giovane rappresentante dell’Anpi di Todi che è qui con noi sul palco, non perché rappresenti una posizione di parte ma perché rappresenta la necessità di ribadire che questa Repubblica ha e deve avere una base comune di convivenza che si riconosce nei valori della Resistenza e dell’Antifascismo. Si dice da più parti che celebrare la Resistenza oggi è un fatto storico che non riguarda il presente. Ora io mi chiedo dove vivono, queste persone che danno questo giudizio, perché se il loro giudizio è che oggi non c’è pericolo per il ritorno del fascismo, delle dittature e delle democrazie dittatoriali anche se elette a maggioranza come sta succedendo in Ungheria e come succede in altri paesi europei, se questo è lo scenario dire che oggi l’antifascismo non è attuale è davvero fuori dalla realtà. Siano conseguenti con loro stessi: c’è una norma della Costituzione, è l’unica mi pare importante norma transitoria. Questa norma dice che è vietata la ricostituzione del disciolto partito fascista. E’ una norma da abolire? Di cosa stiamo parlando…
Io penso che noi dobbiamo saper dire insieme da Bologna, che è medaglia d’oro al valor militare della Resistenza, che l’antifascismo resta una prospettiva per il nostro futuro: non per farne un discorso di parte ma per farne la base comune della storia e del futuro della nostra Repubblica. Nessuno può permettersi di usare la Resistenza a fini di parte, e se ci sono questi segnali , di antisemitismo, di odio, di Sindaci o di rappresentanti eletti nelle nostre istituzioni che si richiamano all’ideologia fascista noi abbiamo il dovere di segnalarlo e di combatterlo, in nome della democrazia italiana, in nome dell’unità del popolo italiano. Lo possiamo fare, torno a ripetervelo, perché secondo me è decisivo per il nostro futuro, perché i partigiani hanno combattuto una guerra, sono caduti in tanti e ci sono stati lutti e tragedie ma ci hanno dato e ci consegnano un’eredità bellissima: cambiare le cose con la non violenza e l’obiettivo della pace. Dobbiamo essere all’altezza di questa eredità, non dobbiamo tornare a dire frasi che non rispettano questa eredità. Il rispetto della Costituzione e delle opinioni è basato sulla non violenza ed è basato sul fatto che lo possiamo fare perché oggi siamo una Repubblica democratica e libera.
Voglio citare don Giovanni Barbareschi che è stato ricordato recentemente da una trasmissione di Rai Storia. E’ stato un prete che durante il fascismo ha continuato a fare le esplorazioni assieme ai suoi scout anche se gli scout erano stati messi fuorilegge dal fascismo. Era uno dei protagonisti delle ‘Aquile randagie’. In questa intervista che ho visto su Rai Storia dice: “la resistenza è la possibilità di cambiare le cose con la pace, con il confronto e con il dialogo”. E’ stata fatta una guerra dai partigiani ma questo che ci viene consegnato oggi è un valore indispensabile: Resistenza oggi è dire no in prima persona alla violenza, al ritorno di ideologie fasciste e a chi pensa che attraverso il razzismo, i muri e l’intolleranza si possa fare meglio per i nostri cittadini. Se a Bologna in questi 73 anni noi avessimo detto prima i bolognesi, Bologna non avrebbe questo benessere sociale e civile che tutta Italia ci riconosce. Stiamo attenti alle parole! Si parla di ecologia, bene, ecologia delle parole. Perché le parole sono importanti ma sono ancora più importanti i fatti e le azioni.
E’ vero: noi oggi siamo un paese diviso, purtroppo. Ma se siamo divisi, tutti noi dobbiamo lavorare per costruire una speranza comune. E a chi ci mette l’uno contro l’altro, soprattutto chi è impegnato in politica deve saper dare questo esempio: non abbiamo nemici politici, a parte i fascisti, abbiamo avversari. E bisogna avere e pretendere rispetto delle opinioni, rispetto delle posizioni differenti. E’ responsabilità di ognuno di noi non dividerci, perché don Giovanni Barbareschi diceva che ognuno di noi è chiamato a esercitare una libertà responsabile, non fare quello che ci pare. Se ci pensiamo bene, tutti insieme oggi, i partigiani, quelli che hanno combattuto nell’esercito, gli alleati che tanto hanno fatto per sostenere la lotta partigiana, la nostra assemblea costituente che nacque dopo la guerra di Liberazione. Cosa avevano come priorità che ha riaperto un futuro di 73 anni di pace a questo paese? Avevano questa priorità: cambiare la politica, costruire una politica democratica dopo 20 anni di dittatura, cambiare la politica non semplicemente cambiare i nomi dei politici. Di questo il paese ha urgente bisogno, come sempre: cambiare la politica invece di dividerci sui nomi. Questo è importante per me dirvi, come Sindaco di questa città che sapete ha una ben definita posizione politica, ma come Sindaco di tutta la città. Nel rispetto di quanto è successo nella storia di questa città, nel fatto che abbiamo avuto una strage fascista nel 1980, noi non possiamo accettare che quello che è successo 73 anni fa venga relegato al semplice ricordo. Dobbiamo insieme prendere a mano questa eredità e saperla discutere tra i nostri cittadini, non uso la parola gente, che è un bel giornaletto di pettegolezzi. Noi vogliamo essere cittadini, non gente. Essere cittadini significa sapere esercitare la propria libertà con la propria responsabilità.
Il mio augurio è quindi questo: si smetta di buttare in propaganda politica il 25 aprile. Si era smesso, a un certo punto, e dopo tante manifestazioni sembrava che avessimo raggiunto su questo la necessità della concordia. Vedo che c’è chi sottovaluta l’aspetto del fascismo risorgente, non va bene e lo dico come Sindaco e non come uomo di parte. Su questo dobbiamo sentirci tutti impegnati, come è impegnato il Comune di Bologna, da sempre e in futuro.
Sentiamo tutti il bisogno di una cosa, se ci riflettiamo, abbiamo bisogno di riprenderci insieme la necessità di educare alla storia, e di educare alla tolleranza. Noi lo facciamo continuamente nelle nostre scuole ma non possiamo continuare ad assistere alla mancanza di nozioni di storia minima e di geografia in molte scuole della nostra Repubblica. Non possiamo continuare a sapere che molti giovani non sanno ancora che il fascismo arrivò al potere con libere elezioni democratiche. Su questo dobbiamo impegnarci tutti, assieme alle associazioni partigiane, all’Università e a voi tutti. In definitiva quello che volevo dirvi in questi tempi confusi ma che oggi abbiamo la possibilità, ritrovandoci qui, di rischiarare con la nostra presenza e con i nostri discorsi, è semplicemente questo: essere partigiano significa odiare l’indifferenza non significa odiare chi la pensa in modo differente da noi o pensare che debba essere emarginato, o peggio. Ma se essere partigiano, come ci hanno insegnato è questo, odiare l’indifferenza e prendere posizione, io credo che da Bologna insieme non possiamo che ribadire questo augurio al nostro Paese in questo tempo difficile: si discuta, si costruisca, per rinsaldare i valori dell’antifascismo e per dare un messaggio di fiducia a questo paese sull’unica strada che è possibile fare insieme. I partigiani avevano idee diversissime ma hanno saputo camminare insieme. E quindi Bologna, medaglia d’oro al valor militare della Resistenza e medaglia d’oro al valor civile dice dateci questo esempio civico: unite gli italiani e uniteli sui programmi, sui contenuti, non sui nomi. Nessun partigiano ha rivendicato mai il suo nome, ha rivendicato quello che hanno fatto i suoi caduti. Era un progetto collettivo. Si può dire questa parola, qualcuno si sente defraudato dalla sua individualità, se diciamo progetto collettivo? Io credo di no e credo che chi sta su questo palco e voi dica che Bologna insiste perché odia l’indifferenza e perché vuole dire ‘noi Repubblica democratica, antifascista, nata dalla Resistenza’.