“Una giornata che affrontiamo con troppi lutti al braccio. Lutti che sono solo la punta dell’iceberg di una quotidiana, terribile e sommersa piaga chiamata violenza, di cui le donne sono vittima spesso dentro le mura domestiche”. Con questa riflessione Palma Costi, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, ha aperto stamani a Bologna il convegno “Ma l’amore non c’entra”, organizzato da Giunta e Assemblea legislativa per celebrare la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
I numeri, forniti dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, parlano da soli: sono stati 126 i femminicidi avvenuti in Italia nel 2012, 109 nei primi dieci mesi del 2013, 908 dal 2005 ad oggi. Nel 60% dei casi la donna aveva o aveva avuto una relazione di intimità con colui che l’ha uccisa. “Questi drammatici dati si riferiscono agli omicidi – ha sottolineato Costi – ma la violenza di genere permea la nostra società a tanti livelli; eppure è ancora invisibile agli occhi di troppi, troppo poco denunciata e raccontata. E proprio il silenzio rimane il miglior amico della violenza”.
Violenza di genere di cui si comincia a parlare di più – è stato sottolineato durante l’incontro – ma non sempre con precisione. Per capire cos’è basterebbe leggere la dichiarazione dell’Onu del 1993, che definisce tale “ogni azione basata sulla violenza che comporta, o potrebbe comportare, danno fisico, psicologico o offesa alla donna, compreso la minaccia di tali azioni, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata”.
Una realtà che riguarda da vicino anche l’Emilia-Romagna: dal 1° gennaio al 31 ottobre 2013 sono state 2.403 le donne che hanno subito violenza e si sono rivolte a una Casa o a un Centro antiviolenza del Coordinamento dell’Emilia-Romagna, di cui 2.022 rappresentano nuovi contatti. Alle 18 strutture presenti sul territorio regionale che offrono servizi di ascolto, accoglienza, consulenza e formazione hanno chiesto aiuto sia italiane (1.228), sia straniere (718), mentre delle altre non si conosce la provenienza. In buona parte (78%) sono donne con figli, che nel 46% dei casi hanno subito a loro volta violenza. Si tratta di donne tra i 30 e i 49 anni, accomunate dall’essere state vittime di violenza da parte di un partner (fidanzato, convivente, marito) o un ex.
“Di fronte a questa emergenza – ha affermato Teresa Marzocchi, assessore regionale alle Politiche sociali – è giusto fermarsi a riflettere, come stiamo facendo oggi. Ma le istituzioni devono anche dare risposte concrete: dopo un percorso durato due anni, la Giunta ha recentemente approvato le Linee di indirizzo per l’accoglienza e la presa in carico delle donne vittime di violenza di genere e di bambini e adolescenti vittime di maltrattamento o abuso. Siamo stati i primi a varare uno strumento di questo tipo”.
A portare una testimonianza diretta di quanto si sta facendo sul territorio regionale sono stati anche Giorgio Penuti e Michele Poli, rispettivamente del Centro “Liberiamoci dalla violenza” di Modena e del Centro di ascolto “Uomini maltrattanti” di Ferrara. Il primo è uno sportello dell’Azienda Usl dedicato al trattamento socio-sanitario degli uomini violenti, che nei due anni di attività ha registrato oltre 250 contatti; 60 uomini sono stati inseriti in un percorso terapeutico: “Si tratta di persone che non riescono a distinguere neppure le proprie emozioni e non conoscono gli strumenti del dialogo e della negoziazione – ha spiegato Penuti -. Il fatto che liberamente si siano rivolti a noi è un primo passo importante e non scontato”.
Il Centro di Ferrara, una onlus che ha avviatola propria attività un anno fa, è stato contattato fino ad agosto del 2013 da 22 uomini e 18 donne: “É necessario – ha sottolineato Poli – spostare il fuoco della nostra attenzione sull’autore della violenza, perché da lì occorre partire anche per azioni di sensibilizzazione e prevenzione”.
Per mostrare quanto sia importante, quando si parla di violenza di genere, fare attenzione a come e con quali parole vittime e carnefici vengono descritti, è stato proiettato il video “La violenza sulle donne raccontata dai media”, a cura del blog “Un altro genere di comunicazione”. Succede ancora, nelle cronache dei femminicidi, che il dito sia puntato sulla presunta immoralità della vittima, su un vestito “succinto” o un atteggiamento “provocante”, quasi a sottintendere che la donna ne sarebbe corresponsabile. D’altra parte, come cause degli omicidi e spesso attenuanti dei gesti vengono citate gelosia, follia, depressione e passione. Se si vuole combattere la violenza di genere – questo il messaggio conclusivo del video – occorre una comunicazione meno sessista e più rispettosa delle vittime e delle loro storie.