“Dopo la corsa al ribasso forsennato sulle vendite promozionali della frutta all’ inizio della stagione estiva 2009 e l’applicazione “distorta” di vari ‘accordi di crisi’ sia delle pesche e nettarine, sia dell’uva da tavola -che in ragione di quantità risibili esitate a fronte degli accordi di filiera hanno sostanzialmente portato solo un po’ di immagine alle catene distributive senza nessun effetto sui prezzi di liquidazione ai produttori – registriamo la ciclica ripresa di iniziative di vendite sottocosto”. Lo affermano in una nota congiunta Cia e Confagricoltura dell’Emilia Romagna.
“A ripartire è stavolta il Conad con le arance a marchio “percorso qualità” vendute a 50 centesimi al chilo, esattamente il suo costo di produzione in campagna – spiegano Nazario Battelli (Cia) e Guglielmo Garagnani (Confagricoltura). Non intendiamo, anche in questa occasione, mettere in discussione l’iniziativa commerciale in quanto tale, che tende sicuramente a favorire un incremento dei consumi di frutta e che rispetta le attuali normative in materia, ma non dichiarando il sottocosto si innescano nel consumatore incomprensione e disorientamento tali da impedirne un approccio utile e continuativo con il consumo di ortofrutta: sono situazioni in cui gli acquirenti non percepiscono i costi reali di una produzione rispettosa delle regole e delle norme vigenti”.
In queste vendite sottocosto le catene di distribuzione, dovendo programmare delle perdite, normalmente chiedono ai fornitori di aumentare ulteriormente la scontistica (“altra anomalia tutta italiana”, osservano Cia e Confagricoltura) inducendo così una ‘depressione preventiva’ di un mercato che influenzerà le quotazioni di tutta la stagione 2010.
“Il giusto prezzo finale legato al valore qualitativo e nutrizionale della frutta italiana di stagione – prosegue la nota di Confagricoltura e Cia – la trasparenza nella costruzione del prezzo che veda una soddisfazione di tutti gli attori della filiera e la costruzione di filiere a prezzo contrattato sono gli aspetti strategici per difendere e valorizzare la nostra ortofrutta ed il suo sistema produttivo in questo momento così difficile per l’agricoltura e per l’economia. Bisogna tuttavia impedire che sia ‘tranquillamente’ fattibile comunicare la possibilità di acquisto di un prodotto di qualità, spesso anche alla metà del costo, che serve per raggiungere gli scaffali della Gdo o i banchi dei mercati”.
“Queste campagne promozionali così distorsive, tra l’altro, sono riproposte all’indomani di atti politici molto forti, come la posizione espressa all’unanimità da tutte le Regioni italiane per richiedere normative e accordi tesi alla promozione di un “codice di condotta” della Grande distribuzione con la filiera produttiva che in senso etico intervenga nella regolazione dei rapporti con i fornitori – concludono Garagnani e Battelli – proprio per superare le attuali contraddizioni che non permettono mai la certezza di un prezzo netto e trasparente, tempi di pagamento congrui e che superi il ricorso alle vendite sottocosto nel settore dei prodotti freschi e deperibili”.