Il 21 dicembre scorso la direzione aziendale di Emilceramica (Fiorano Modenese) ha formalmente avviato la procedura per il licenziamento e la collocazione in mobilità di 152 lavoratori.
La comunicazione ai sensi di legge inviata alle Organizzazioni Sindacali di categoria, alle RSU e agli uffici preposti di Provincia e Regione, spiega
questa decisione con la indifferibile necessità di dare corso ad un piano di ristrutturazione che vede, accanto a nuovi investimenti pari a 21
milioni di euro nei prossimi tre anni, anche un pesante intervento sui livelli occupazionali.
Le recenti crisi aziendali del settore ceramico mostrano alcuni tratti peculiari diversi dalle precedenti, che in genere erano dovute a problemi
gestionali interni. Gruppi ceramici locali, tra i quali Emilceramica, che hanno assunto la
fisionomia di vere e proprie multinazionali con insediamenti produttivi e commerciali in giro per il mondo, ristrutturano e riorganizzano. Le multinazionali di origine straniera presenti nel distretto mostrano, in più casi, segni evidenti di disimpegno riducendo in prospettiva gli affari
in termini quantitativi, seppure mantenendo un presidio in quello che, a ragione, viene considerato il distretto ceramico leader nel mondo.
Anche aziende non internazionalizzate, in alcuni casi, ristrutturano e riorganizzano.
Altre, di piccola e media dimensione, cercano di perseguire la strada dell’aumento dimensionale attraverso accorpamenti e acquisizioni, per una
maggiore economia di scala e per avviarsi sulla strada della internazionalizzazione e della quotazione in borsa.
Il dato inequivocabile di queste ristrutturazioni, è che, indipendentemente dalle varie tipologie di impresa, quasi sempre si apre anche un problema
occupazionale, più o meno rilevante, per l’introduzione di una maggiore automazione, o dovute all’ accorpamento di funzioni, o ancora per la soppressione di produzioni non più competitive ecc.. A volte unicamente per tentare di resistere ancora un po’ in attesa di qualche evento miracoloso.
Siamo in presenza di un problema complessivo di tenuta e rilancio del manifatturiero nel nostro paese dovuto alla scarsa innovazione e a evidenti
limiti nel sistema paese complessivamente, in particolare sulle infrastrutture, e per gli elevati costi energetici. Così é anche per il nostro distretto ceramico.
Questo é il dato che necessita di risposte concrete, cercando di uscire dalle tradizionali analisi e da parte sindacale necessita perlomeno di grande cautela sui giudizi da esprimere circa la bontà o meno delle strategie che vengono messe in campo di volta in volta dalle singole imprese o dall’insieme di queste.
Innovazione, ricerca e investimenti per il rilancio del manifatturiero sono le misure chieste con forza da tempo dalle Organizzazioni sindacali, per
prima la Cgil, per sostenere l’occupazione, come altrettanto forte è la richiesta da parte sindacale di una riforma degli ammortizzatori sociali da associare a vere politiche per la riqualificazione e la ricollocazione dei
lavoratori che perdono il posto di lavoro.
In attesa di queste misure assistiamo nel quotidiano a pesanti interventi
sui livelli occupazionali e il ruolo del sindacato é ovviamente quello di fare tutto il possibile, con gli strumenti esistenti, per ridurre il danno nei confronti dei lavoratori che vengono licenziati, come nel caso di Emilceramica.
Nei giorni scorsi, dopo le assemblee di stabilimento che hanno sancito la mobilitazione dei lavoratori contro la decisione assunta dall’azienda, la stampa locale ha riportato la notizia secondo la quale Emilceramica per
bocca dell’Amministratore Delegato sarebbe disponibile ad utilizzare tutti gli ammortizzatori sociali possibili e ad accompagnare i prepensionamenti di chi ha ancora solo uno o due anni di lavoro.
Le dichiarazioni attribuite a Emilceramica, a tutt’oggi non smentite né corrette, ovviamente necessitano delle opportune verifiche al tavolo di
trattativa, quanto prima possibile, per comprenderne le effettive ricadute e la coerenza con il piano industriale presentato. Ricevere da parte dell’Azienda una conferma sull’utilizzo di ammortizzatori sociali alternativi alla collocazione forzata in mobilità, segnerebbe
indiscutibilmente un primo importante passo nei confronti dei lavoratori sui quali incombe il licenziamento.