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Microplastiche anche nell’insetto più resistente dell’Antartide

Le microplastiche raggiungono anche gli ecosistemi terrestri più remoti della Terra, fin dentro il fragile suolo antartico. A confermarlo è una nuova ricerca condotta da un team internazionale dell’Università del Kentucky, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e di Elettra Sincrotrone Trieste, con il supporto del consorzio europeo CERIC-ERIC.

Lo studio documenta per la prima volta l’ingestione di microplastiche nel Belgica antarctica, l’unico insetto endemico dell’Antartide e una delle poche specie animali terrestri del continente. Nonostante l’esposizione, tuttavia, gli scienziati indicano come gli effetti fisiologici a breve termine risultino minimi, pur sottolineando la necessità di indagini più approfondite sui possibili impatti a lungo termine.

Precedenti ricerche avevano già dimostrato che le microplastiche possono raggiungere le coste dell’Antartide attraverso trasporto marittimo, pressione antropica, turismo e perfino attività scientifiche. Rimaneva però poco chiaro come questi contaminanti potessero influire sulla fauna del suolo.

Il moscerino antartico svolge un ruolo essenziale nel ciclo dei nutrienti del suolo; qualsiasi impatto sulla sua fisiologia potrebbe influenzare l’intero equilibrio dell’ecosistema terrestre del continente.

“Grazie all’uso di avanzate tecniche di imaging, come la micro-spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR) e la spettroscopia Raman”, commenta Elisa Bergami, ecologista dell’Università di Modena e Reggio Emilia, “abbiamo rilevato per la prima volta frammenti di microplastica all’interno del tratto digestivo delle larve di moscerini selvatici. Sebbene l’ingestione fosse rilevata in meno del 7% degli esemplari raccolti sul campo, questi risultati confermano che la plastica sta raggiungendo i suoli antartici”.

È interessante notare che, quando le larve sono state esposte sperimentalmente a concentrazioni variabili di microsfere di plastica per 10 giorni, i ricercatori non hanno riscontrato alcun effetto sulla sopravvivenza (anche a dosi di gran lunga superiori ai livelli ambientali previsti) né cambiamenti rilevabili nel tasso metabolico, suggerendo che l’esposizione a breve termine non alteri i principali processi fisiologici.

Sebbene gli effetti fisiologici immediati delle microplastiche sulla Belgica antarctica sembrino minimi, le conseguenze a lungo termine, specialmente in condizioni di stress ambientale crescente, rimangono sconosciute. Sono quindi necessari studi più approfonditi, anche per esaminare possibili danni ai tessuti o risposte molecolari alterate negli insetti esposti alla plastica per un periodo prolungato.

L’articolo completo è disponibile sulla rivista Science of The Total Environment al link: https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2025.180800

 

 

















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