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Un nuovo test salivare per la diagnosi precoce dei tumori del cavo orale

È stato sviluppato da Studium Genetics, spin-off dell'Università di Bologna, che ha scelto l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano (Gruppo San Donato) come partner per introdurre la nuova metodologia nella consuetudine della pratica clinica e nell’ambito della ricerca

Un semplice test salivare potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce dei tumori del cavo orale, non solo individuandoli tempestivamente ma anche con assoluta precisione. La scoperta è frutto dalla ricerca condotta da Studium Genetics, spin-off dell’Università di Bologna, che ha scelto l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano (Gruppo San Donato) come partner per introdurre la nuova metodologia nella consuetudine della pratica clinica e nell’ambito della ricerca.

Il nuovo test epigenetico si basa sull’analisi quantitativa del livello di metilazione del DNA di 13 geni, che si è scoperto essere alterati nei carcinomi orali, e consente di individuare precocemente i pazienti a rischio di sviluppare il carcinoma orale a cellule squamose (OSCC) e il suo precursore, la displasia grave. Si tratta di una tecnica non invasiva in grado di fornire informazioni diagnostiche, prognostiche e di follow up, con un elevato grado di precisione: in uno studio multicentrico, pubblicato sulla rivista Head & Neck, si è raggiunta una sensibilità del 97% e una specificità pari al 88%.

Nella pratica clinica attuale, lo screening del cancro orale viene effettuato esclusivamente mediante ispezione visiva da parte degli specialisti che, in presenza di lesioni sospette, invitano i pazienti a sottoporsi a una biopsia, indispensabile per formulare una diagnosi corretta. Tuttavia, lo stesso paziente spesso rifiuta di sottoporsi a un esame invasivo come la biopsia, lasciando quindi progredire un’eventuale malattia. Peraltro, l’OSCC è una condizione non sempre facilmente individuabile, soprattutto se di natura precancerosa.

Il test sviluppato da Studium Genetics, che potrebbe rivoluzionare la diagnostica e il paradigma di cura di questa tipologia di tumori, è di rapida e semplice esecuzione: individuata la lesione sospetta, si raccolgono i campioni dalla mucosa orale (lingua, guancia, palato) tramite il semplice passaggio di un apposito spazzolino dotato di setole. Il campione viene raccolto in una provetta e inserito in una soluzione di conservazione che lo mantiene a temperatura ambiente, garantendone la stabilità nel tempo e facilitandone il trasporto. Il campione viene poi processato in laboratori di riferimento utilizzando protocolli di sequenziamento e analisi bioinformatiche, quantificando il livello di metilazione del DNA nei 13 geni associati alla malattia. Viene quindi eseguito un calcolo che, mediante un algoritmo brevettato, genera un punteggio di rischio di sviluppare un cancro orale.

Il carcinoma orale a cellule squamose è una sfida importante per la salute pubblica, con oltre 745.000 casi segnalati in tutto il mondo e un tasso di mortalità, a 5 anni, di circa il 60%. Inoltre, il rischio di recidiva dopo l’intervento chirurgico, che va dal 17% al 30%, è più alto di qualsiasi altro tipo di tumore ed è la principale causa di morte. Quattro sono gli stadi di OSCC, da I a IV, che ne indicano la crescente gravità.

“Gli stadi I e II del carcinoma orale a cellule squamose hanno normalmente una sopravvivenza buona rispetto agli stadi III e IV, che presentano un alto tasso di recidiva e una mortalità del 50% entro cinque anni. Purtroppo, i 2/3 dei casi vengono diagnosticati allo stadio III e IV in una fase avanzata, dove l’intervento chirurgico demolitivo e ricostruttivo può essere molto impattante sull’anatomia, sulle funzionalità, ma anche sulla psiche del paziente stesso. La vera scommessa, oggi, è riuscire ad essere molto precoci nella diagnosi: quanto prima riusciamo a intercettare il tumore in fase iniziale, quanto più la prognosi non solo sarà positiva, ma si potrà intervenire in maniera meno invasiva, senza compromettere la qualità di vita del paziente. Siamo convinti che questa tecnologia rivoluzionaria possa aiutarci a vincere questa sfida”, hanno dichiarato il professor Giorgio Gastaldi, responsabile della riabilitazione protesica maxillo-facciale nei pazienti oncologici, insieme al professor Silvio Abati, responsabile della Medicina e Patologia Orale, entrambi professori dell’Università Vita Salute San Raffaele afferenti al Dipartimento di Odontoiatria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretto dal Prof. Enrico Gherlone.

“La partnership tra il nostro Ateneo, il suo spin-off Studium Genetics e l’IRCCS Ospedale San Raffaele, uno dei centri di riferimento nella diagnosi e nella cura del tumore nel cavo orale, rafforza la nostra scommessa sull’identificazione delle modificazioni epigenetiche della metilazione del DNA, come nuova frontiera della medicina oncologica moderna. Siamo certi di aver fornito uno strumento fondamentale ai pazienti affetti da tumore del cavo orale, dando loro una nuova concreta speranza. La prospettiva futura è quella di allargare la collaborazione anche all’Università Vita-Salute San Raffaele, realtà di eccellenza nella ricerca sulle patologie del cavo orale”, conclude il professor Luca Morandi, associato del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna, sviluppatore del test, che è operante in Europa e in via di approvazione negli Stati Uniti, in Cina e in Brasile.

Il test si rivela particolarmente utile per persone di età superiore ai 40 anni, che consumano alcol o fumano regolarmente, pazienti che presentano leucoplachia, eritroplachia, lichen planus orale o qualsiasi lesione orale sospetta. Infine, il test rappresenta uno strumento indispensabile nel follow up di pazienti precedentemente trattati per OSCC, poiché è utile all’individuazione di recidive, che sono molto frequenti e aumentano il rischio di morte di questi pazienti. In ogni caso, l’indicazione all’effettivo utilizzo di tale approccio è rimessa esclusivamente alla valutazione dello specialista.

I tumori del cavo orale non comportano solo un costo sociale rilevante, ma rappresentano inoltre una voce di spesa sanitaria enorme – tra degenza, intervento e riabilitazione – che, grazie all’introduzione di questo test per la diagnosi precoce, potrebbe essere molto ridimensionata.

 

















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