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Stop auto benzina-diesel entro 2035, Cisl: “Ora scelte industriali per sostenibilità sociale”

«Con il voto di ieri sullo stop ai motori endotermici entro il 2035 non sono più rinviabili investimenti che consentano la trasformazione industriale del settore e soprattutto la sua sostenibilità sociale».

Lo dichiara il segretario generale della Fim Cisl Emilia Centrale Giorgio Uriti commentando il via libera del Parlamento europeo al divieto a partire dal 2035 di vendere auto a benzina, diesel e gpl. Tra 13 anni in Europa potranno essere vendute solo auto a emissioni zero al 100%, cioè elettriche.

«Riguardo all’emendamento che puntava alla riduzione dal 100% al 90% delle auto totalmente elettriche, – dice Uriti – si può comprendere che svolte epocali passino anche attraverso scelte forti e di rottura con il passato, ma non si può prescindere dalla salvaguardia del tessuto sociale e occupazionale.

Per fortuna il nostro territorio è stato tutelato dall’emendamento bipartisan, ribattezzato ‘salva Motor Valley’, che prolunga dal 2030 al 2036 la deroga alle regole Ue sugli standard di emissione della CO2 di cui già oggi beneficiano i produttori di nicchia.

In pratica – spiega il segretario dei metalmeccanici Cisl di Modena e Reggio – Ferrari, Maserati, Pagani, Lamborghini ecc. avranno più tempo per mettersi in regola, anche se hanno già cominciato a progettare supercar full-electric e siamo convinti che non si faranno trovare impreparate alla scadenza.

Ora, però, se vogliamo evitare contraccolpi gravissimi in termini di licenziamenti e la distruzione di un settore industriale fondamentale per il nostro Paese, il Governo deve rendere disponibili da subito per le imprese del settore gli 8 miliardi di euro stanziati con il fondo dell’automotive e insediare un apposito comitato scientifico che indirizzi le politiche di vantaggio nei settori strategici della mobilità del futuro. Il 2035 è molto più vicino di quanto sembri, soprattutto se consideriamo la vera e propria rivoluzione che ci attende.

Ci preoccupano, infatti, – continua Uriti – le previsioni negative sul saldo occupazionale, compreso l’indotto, tra i posti di lavoro che andranno persi con l’addio ai motori tradizionali e quelli che saranno creati dall’avvento dei propulsori elettrici. Se è vera la stima di un posto creato per ogni due persi, è chiaro che non possiamo accettarlo.

Per questo dobbiamo partire subito con la formazione e riqualificazione dei lavoratori, nessuno dei quali deve essere lasciato indietro o sacrificato sull’altare della tutela ambientale.

La difesa del pianeta non può passare attraverso un bagno di sangue sociale.

Infine, può sembrare prematuro chiederselo oggi, ma quanto costeranno tra dodici anni le auto elettrice? Perché oggi costano troppo e può permettersele solo un’esigua minoranza di lavoratori. Perciò ci sarà bisogno sia di politiche commerciali diverse da parte delle case automobilistiche, sia di incentivi all’acquisto, come quelli recentemente deliberati dal Governo.

A condizione, però, – conclude il segretario generale della Fim Cisl Emilia Centrale – che non siano prosciugate risorse indispensabili ad accompagnare la fase di transizione».

 

 

















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