Imprese cooperative protagoniste tra mercato e solidarietà. Luoghi dove è possibile tenere insieme competizione ed efficienza con i valori di inclusione sociale, dando al contempo un importante contributo economico e occupazionale. È questo il sistema della cooperazione emiliano-romagnolo che conta oltre 5 mila imprese, di cui il 20% sono femminili, che fanno registrare una crescita dell’occupazione dell’1,5%, per oltre 242 mila addetti complessivi. Il fatturato made in Emilia-Romagna delle coop rappresenta un terzo di quello prodotto in Italia.
È questa la fotografia del settore in Emilia Romagna emersa oggi a Bologna, durante la 3^ Conferenza regionale della cooperazione, incentrata sul tema “La cooperazione per una società sostenibile”. Nell’occasione, è stato presentato il rapporto biennale sullo stato della cooperazione in Emilia-Romagna. L’appuntamento prende spunto, come ogni anno, dalla Giornata Internazionale del cooperativismo indetta dall’Onu, dedicata al “consumo sostenibile e la produzione di beni e servizi”, come tracciato nell’Agenda Onu 2030.
“Oggi, con il Patto per il Lavoro, e quindi il confronto e la condivisione con tutte le parti sociali, e gli obiettivi che la Regione si è data su sviluppo sostenibile, scelte ambientali e green economy, più ambiziosi rispetto anche a quelli fissati dall’Unione europea, ci stiamo misurando con una grande sfida, ovvero il ridisegno di un sistema produttivo nel quale la sostenibilità ambientale sia connaturata alla sostenibilità sociale ed economica. Grazie alla responsabilità nei confronti delle comunità e dei territori- ha evidenziato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini- le cooperative possono giocare un ruolo chiave in questo processo. Possono avere un ruolo da protagonista nella transizione a uno sviluppo più equilibrato tra dimensioni sociali, economiche e ambientali, affermando un modello che mette al centro gli investimenti in ricerca e innovazione, economia circolare, figure manageriali di nuova generazione, competenze digitali e formazione del personale. Questo non solo per ragioni etiche ma anche come straordinaria opportunità di crescita, lavoro, investimento e maggiore occupazione”.
In merito all’impegno della Regione a combattere il fenomeno delle false cooperative, Bonaccini ha aggiunto: “Contrasteremo con forza le coop spurie e lo faremo mettendo in difficoltà chi, aggirando le norme, si trova in vantaggio competitivo rispetto coloro, e sono la maggior parte, opera nel mercato con correttezza. L’Assemblea legislativa regionale ha istituito la Commissione speciale di ricerca e studio sulle cooperative spurie o fittizie, che sta svolgendo audizioni di grande interesse e significato, e altrettanto importante è il lavoro del Tavolo regionale contro le coop spurie nel comparto delle carni. Anche sulla base di quanto sta emergendo, assieme agli esperti occorre mettere a punto meccanismi capaci di prevenire e far emergere le anomalie e individuare abusi e illegalità. E va tenuta alta l’attenzione sociale e delle imprese, per mettere in atto azioni di contrasto, a partire dal controllo delle filiere di fornitura, innanzitutto nei settori più a rischio come le costruzioni, la logistica e l’agroalimentare”.
“L’Emilia-Romagna è la terra dove la cultura della cooperazione ha avuto il miglior sviluppo, ponendosi come uno degli elementi che hanno contribuito a renderla uno dei luoghi più avanzati del Paese- ha detto l’assessore regionale alle Attività produttive, Palma Costi-. La stessa la legge regionale, in coerenza con l’articolo 45 della Costituzione, riconosce e sostiene l’importanza di questo patrimonio storico e dei suoi principi, ne promuove la conoscenza e la diffusione, sostenendo la nascita di nuove imprese. Numerosi gli strumenti previsti dalla legge: dal sostegno finanziario agli investimenti realizzati grazie al Foncooper, ai ‘Programmi integrati di sviluppo e promozione cooperativa’. Strumenti che sono intervenuti con nuove azioni sulle aree prioritarie che la Consulta per la cooperazione ha individuato e condiviso con la Giunta regionale come l’innovazione, l’internazionalizzazione, la creazione di nuove imprese, le crisi aziendali. Tra questi, abbiamo promosso e sostenuto i workers buy out, quale opportunità di uscita da crisi aziendali e concreta risoluzione al problema del passaggio generazionale d’impresa, che in Emilia-Romagna ha dato vita a nuove cooperative e nuova occupazione stabile”.
I numeri
Il settore della cooperazione in Emilia-Romagna conta su 242 mila addetti, il 14,2% del totale degli occupati, dato superiore all’8,3% a livello nazionale. A fine 2017, le cooperative attive in regione erano 5.051, pari all’1,2% del totale delle imprese. Rispetto al 2016, il numero di imprese cooperative è diminuito dell’1%, mentre il totale degli occupati è cresciuto dell’1,5%. In termini di addetti, i settori più rilevanti sono quelli dell’assistenza sociale (43.847 occupati), dei servizi di supporto alle imprese (40.249), il trasporto e magazzinaggio (35.741).
Il sistema cooperativo, con Foncooper, il Fondo di rotazione per la promozione e sviluppo della cooperazione, ha finanziato 85 progetti ed erogato 66 milioni di euro di finanziamento consentendo nuovi investimenti per oltre 94 milioni di euro.
Aderiscono alle centrali cooperative oltre il 60% del totale delle società cooperative regionali, che impiegano quasi il 90% dell’occupazione creata dalle stesse coop. L’agroalimentare, i servizi alle persone e l’assistenza sociale sono i comparti dove la quota di imprese associate è più elevata (oltre il 70%), la logistica (facchinaggio) è quello con la percentuale più modesta (32,4%), preceduta dalle costruzioni (46,8%).
Le imprese cooperative femminili in Emilia-Romagna sono 949 e occupano 44.628 addetti, di cui il 63% opera nel settore dell’assistenza. La maggior concentrazione si registra a Bologna, Modena e Parma.
Le imprese cooperative giovanili sono 297, occupano 4.931 addetti e operano soprattutto nei settori del trasporto e magazzinaggio (40%), seguito dalle attività di assistenza e servizi alla persona, che assorbono complessivamente oltre il 22% degli occupati.