domenica, 15 Dicembre 2024
16.1 C
Comune di Sassuolo
HomeReggio EmiliaScomparsa di Zygmunt Bauman, il sindaco Luca Vecchi lo ricorda amico di...





Scomparsa di Zygmunt Bauman, il sindaco Luca Vecchi lo ricorda amico di Reggio Emilia e ospite di Fotografia Europea nel 2007

“All’indomani della sua scomparsa, che ci addolora e per la quale Reggio Emilia esprime profondo cordoglio – dichiara Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia – desidero ricordare la visita alla nostra Città del grande filosofo e sociologo Zygmunt Bauman. Venne tra noi alla fine di aprile del 2007, invitato in occasione del festival Fotografia Europea, partecipando al ciclo di incontri ‘Visioni di città’ organizzato all’interno della stessa rassegna fotografica”.

“Bauman, che in quell’occasione fece visita anche al Centro internazionale Malaguzzi e si interessò al Reggio Emilia Approach e alle nostre Scuole d’infanzia, partecipò a un dialogo, in una piazza Fontanesi gremita, con Armando Massareni e l’allora sindaco Graziano Delrio. Non deve stupire una piazza piena di gente ad ascoltare un pensatore di questo livello: Bauman, accademico di fama, cercava costantemente il contatto con le persone, centro della sua empatia, oltre che delle sue ricerche sociologiche, dalle persone riusciva a farsi capire, senza banalizzare, senza essere riduttivo. E questo le persone lo intuivano con immediatezza.

In quella occasione a Reggio Emilia, il teorico della ‘Società, Vita e Modernità liquida’ – un pensiero e un metodo di analisi che ci hanno illuminato nell’interpretazione dello spartiacque epocale tra la fine del Novecento e delle ideologie e l’avvio del nuovo Millennio con la globalizzazione, le nuove tecnologie, la precarizzazione dei legami affettivi, sociali, lavorativi, le nuove povertà, fino alle grandi migrazioni, al fenomeno del terrorismo internazionale e alla politica soprattutto quella urbana ‘sovraccaricata’ irrimediabilmente di nuovo sfide – declinò la sua riflessione sul tema delle Città eurpee, definendole “Un deserto sovraffollato”, con la sua eccezionale, paradossale e suggestiva capacità di lettura critica e rappresentazione della realtà. Questo contributo del pensatore è ora incluso nel catalogo di Fotografia Europea 2007.

Riportiamo di seguito alcuni passaggi della riflessione di Zygmunt Bauman la domenica pomeriggio del 29 aprile di quell’anno in piazza Fontanesi, ricordando che le sue analisi critiche, che non facevano sconti alle negatività e alla loro conseguente denuncia, erano concluse dalla positività della speranza, dall’appello alla ricchezza spirituale ed etica che è nella persona, dalla sottolineatura del valore delle comunità, dal riferimento alla paura come stato esistenziale della condizione umana vista però non come passiva rassegnazione, ma quale elemento catalizzatore e generatore di creatività, di pensiero e di cultura” conclude Vecchi.

 

Da Un deserto sovraffollato, di Zygmunt Bauman – Dal catalogo di Fotografia Europea 2007:

“Deserti sovraffollati… una contraddizione in termini? Non proprio, se con questa curiosa espressione si allude alle città in cui viviamo.

Le nostre città sono in effetti sovraffollate: come negarlo? Ovunque andiamo, e in qualsiasi momento, troviamo numerose prove del fatto che in città vivono troppe persone pigiate in spazi troppo angusti. Difficilmente non ce ne accorgiamo, poiché tutto ciò ci stanca, ci irrita, ci riesce insopportabile. Chilometri a passo d’uomo nel traffico… Parcheggi congestionati… Lunghe file nei bar, e al ristorante non un tavolo libero… In autobus e in metropolitana solo posti in piedi, e persino questi introvabili quando ci si sposta tra casa e l’ufficio… Sulle strade una folla infinita, e in perenne movimento: una marea ondeggiante da cui ci si sente risucchiare, inghiottire e sommergere… Troppa gente, troppi suoni, troppe immagini, troppi odori… ‘Troppo’ e ‘troppi’ di tutto: più di quanto riusciamo a sopportare, ben più di quanto basti per metterci a disagio, e infinitamente più di quanto vorremmo. Beh, troppo di tutto, ma non di spazio, soprattutto di uno spazio che non sia stipato, ingombro di ostacoli, di intrusi, e di intrusi che sono anche ostacoli…

È per quest’ultima ragione che l’idea di un ‘deserto sovraffollato’ ci appare qualcosa di strano, e persino assurdo. Ciò che fa di un posto un deserto è, in fin dei conti, l’abbondanza di spazio: di spazio vuoto, sprovvisto di oggetti che spicchino, in un paesaggio uniformemente informe, per la loro rilevanza, accertata o presunta. Se il sovraffollamento è associato a un eccesso di intenzioni, fini, energie, volontà rispetto allo spazio disponibile per agire, il deserto richiama invece alla mente una sovrabbondanza di spazio rispetto alla nostra capacità di assorbirlo, di investirlo di significato e rilevanza, di afferrarlo fisicamente e assimilarlo mentalmente. Eppure, la città – come per miracolo – riesce a sentirsi sovraffollata e deserta nello stesso tempo. (…)

“(…) Le città contemporanee sono, per tale ragione, il palcoscenico o il terreno su cui forze globali e sensi e identità irriducibilmente locali si incontrano, entrano in conflitto, si combattono e cercano una composizione che sia soddisfacente o almeno accettabile, un modo di coabitazione che si vorrebbe fosse una pace duratura ma si rivela di solito nient’altro che un armistizio, una fugace tregua per riparare le difese danneggiate e ridispiegare le forze. È tale scontro, e non un singolo fattore, ad avviare e orientare la dinamica della città “liquido-moderna”. Le parti sono ispirate e mosse dal desiderio di rendere il deserto urbano un po’ meno sovraffollato e la folla urbana un po’ meno simile a un deserto. Esse fanno del proprio meglio per riuscirvi, almeno negli intermezzi tra gli accaniti ma complessivamente inutili tentativi di chiamarsi fuori della mischia.

Che lo sappiano o no, le città contemporanee sono laboratori, aperti e funzionanti senza interruzione. Chiunque viva in una città, stabilmente o temporaneamente, è, in un simile laboratorio, ricercatore e cavia, sperimentatore e al tempo stesso oggetto di sperimentazione. La sperimentazione riguarda l’arte di convivere con la diversità che è qui e non se ne andrà – l’arte di trasformare il destino di vivere tra estranei (che inevitabilmente genera ansia e paura) nel destino di vivere con estranei (che promette di ricavare da tale comunanza, scoperta/inventata di recente, i vantaggi della sicurezza, della saggezza e della jouissance). Ogni giorno, nel laboratorio urbano, gli strumenti di tale comunanza vengono progettati e testati, respinti o approvati fin quando strumenti ancora più efficaci e facili da utilizzare non saranno stati progettati e non avranno superato i collaudi della vita”.

 

















Ultime notizie