Il giorno 7 Luglio 2016 è stata emanata la legge comunitaria n. 122, pubblicata il giorno successivo sulla Gazzetta Ufficiale. Gli effetti di tale legge dal titolo “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2015-2016” entreranno pienamente in vigore dal 23 luglio prossimo venturo.
All’art. 30 la legge comunitaria interviene modificando il comma 3 dell’art. 29 del decreto legge 276/2003, quello per intenderci che chiariva la disciplina e le differenze tra appalto e trasferimento d’azienda.
Pochi sanno che quel comma era visto con sfavore dall’Europa perché non in linea con la Direttiva comunitaria che disciplinava il tema (Dir. 2001/23/CE), nonché con orientamenti consolidati della CGCE (Corte di Giustizia della Comunità Europea) e del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura). Per tale motivo il nostro Paese era sottoposto ad una procedura di pre-infrazione da parte dell’Unione Europea, con la conseguente indicazione di conformarsi alla normativa.
Ma cosa dice dunque la nuova legge e il nuovo comma 3?
La nuova disciplina modifica i criteri per la differenziazione tra il concetto di appalto e di trasferimento di azienda, chiarendo che tale assimilazione dal punto di vista normativo, non avviene qualora “siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa”.
Una chiarificazione e una precisazione essenziale rispetto al testo normativo precedente.
In tal modo si chiarisce che, laddove non ci sia discontinuità, al posto del cambio di appalto genericamente inteso, ci troveremmo di fronte ad un trasferimento di azienda, con le discipline e le tutele previste dal codice civile (art. 2112), che sono assai più tutelanti per i lavoratori.
E’ un passaggio culturale fondamentale, già da tempo patrimonio degli orientamenti legislativi e giurisprudenziali a livello europeo, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti settori “labour intensive”, cioè i settori dei servizi in appalto ad alta intensità di manodopera, quali ad esempio i servizi di pulizia.
Tale modifica normativa, imposta dall’Europa, assume una importanza ancor più rilevante in ragione della occasione mancata rappresentata dalla recente legge 50/2016 (nuovo Codice degli Appalti) votata ad aprile 2016, che non prevede ex lege le tutele della “clausola sociale” per i lavoratori in appalto, ovvero le garanzie retributive e occupazionali in caso di cambio appalto. Vi è stata infatti la misteriosa scomparsa di due commi dall’art. 50 nel passaggio dal testo uscito dalle Commissioni al testo finale votato dal Parlamento, commi che appunto garantivano la clausola sociale nei settori cd “labour intensive”.
L’auspicio, come Filcams-Cgil e come categoria sindacale che tutela i lavoratori degli appalti di servizi, è che alla piena applicazione della nuova normativa seguano di conseguenza orientamenti giurisprudenziali anche nel nostro Paese che vadano nella direzione della piena tutela, normativa ed economica per questi lavoratori. Così come sarà impegno del sindacato una auspicabile e piena trasposizione della nuova normativa nei testi della contrattazione collettiva di settore, sia locale che nazionale.
Sottolineiamo inoltre che sarebbe importante che la Regione Emilia Romagna, nel processo di piena redazione della Legge regionale sugli appalti prevista dal Patto per il lavoro sottoscritto nel 2015, tenesse conto della presente novità, adeguando e integrando la nuova distinzione tra appalto e trasferimento d’azienda, nella elaborazione del testo regionale ancora in fieri.
Periodico quotidiano Sassuolo2000.it
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