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Istituti comprensivi Modena, gli interventi nel Consiglio comunale di giovedì 26 novembre

scuola_alunniIl piano di riorganizzazione della rete scolastica modenese in dieci istituti comprensivi, con una pausa di riflessione fino al 15 febbraio, introdotta da un emendamento proposto dalla Giunta, per le situazioni più problematiche emerse dal confronto nei Consigli di Istituti e nelle assemblee con genitori e insegnanti, è stato approvato dal Consiglio comunale, nella seduta di giovedì 26 novembre, con il voto a favore di Pd, contrario di M5s, Per me Modena, CambiaModena, Area popolare e FI, e con l’astensione di Sel e di Futuro a sinistra.

GLI INTERVENTI DELLA MAGGIORANZA

Aprendo il dibattito per il Pd, Simona Arletti ha affermato che “i comprensivi sono una sfida stimolante che abbiamo fatto bene a raccogliere ma forse nel percorso per arrivarci c’è stato un deficit di gestione politica che va recuperato da subito. La proposta di oggi dimostra un’apertura politica al confronto che deve implicare la disponibilità a cambiare le cose. Mi aspetto che ci siano tavoli di lavoro aperti, e, se a febbraio sarà tutto uguale, dovremo domandarci se abbiamo fatto davvero il nostro mestiere perché da un confronto vero si esce cambiati da entrambe le parti”. Carmelo De Lillo ha sottolineato che “su 12 Consigli d’istituto, quattro hanno detto no, esponendo criticità, ma otto, altrettanto democraticamente hanno approvato il progetto all’unanimità”, affermando poi che “il dibattito è inevitabile perché la delibera interferisce con lo status quo di un mondo che meno di altri è incline al cambiamento e impatta direttamente nell’organizzazione della vita degli operatori e delle famiglie. Ma sulla base della mia esperienza, sono convinto che i comprensivi migliorino l’offerta formativa e che ci sia stata un’apertura verso chi onestamente è ancora scettico con la proposta”. Per Grazia Baracchi la discussione avrebbe dovuto essere orientata sul merito dei comprensivi: “Su quale valore aggiunto potranno portare alla rete scolastica in termini di crescita e sviluppo degli alunni, su come accompagnare l’unitarietà del corpo docente, perché senza il coinvolgimento del personale scolastico la riforma non si potrà fare. Ma di tutto questo non si è parlato. Invece, solo discutendo delle opportunità didattiche, educative e pedagogiche dei comprensivi si sarebbe capito perchè si vuole mettere mano a una riorganizzazione così complessa”. Secondo Vincenzo Walter Stella il percorso “non sarà semplice e richiederà tempo, lavoro e uno sforzo di adattamento a un sistema lavorativo diverso, per questo prima si parte e prima si potranno apprezzare i risultati. Per come sono distribuiti, da un punto di vista logistico, i plessi scolastici non agevolano la creazione dei comprensivi. Ritengo ragionevole, per appianare le divergenze, prendersi un tempo congruo per un chiarimento tra l’Amministrazione e gli organi di rappresentanza scolastica legittimata che hanno espresso parere negativo, ma poi bisognerà decidere”. Diego Lenzini ha ricordato che la riorganizzazione in istituti comprensivi è cominciata nel 2011, e il nuovo piano “rielaborato sulle esigenze evidenziate nel tempo è incomparabilmente migliorato. I disagi saranno inevitabili e non ripartiti in modo uguale e capisco i timori di genitori e insegnanti. Ma i sei comprensivi già pronti vogliono partire e dobbiamo ascoltare anche la voce di chi è a favore ma non alza la voce. Teniamo ferme quelli che hanno problemi da risolvere e ci impegneremo per risolverli”.

“Avevo detto che non avrei mai votato a favore di questa delibera – ha esordito Fabio Poggi – ma poi mi sono messo in discussione e confrontato e ho cambiato idea. Siamo tutti d’accordo su uno schema di dieci comprensivi: si tratta di sviluppare meglio, insieme, le coordinate che ci siamo dati. L’Amministrazione ha saputo aprire e la sfida di valorizzare al massimo le singole scuole è uno dei pochi strumenti per far crescere ancora il sistema scolastico. La sottolineatura dell’eccellenza delle Lanfranco sa molto di competizione ma la sfida deve essere non a eccellere ma a essere attenti ai bisogni”. Antonio Carpentieri ha affermato che “non siamo stati in grado di confrontarci e di creare un coinvolgimento vero. La proroga di un anno però sposta solo in avanti il problema, come era già successo quattro anni fa, quando sei circoli su 13 erano contrari alla riorganizzazione. E una proposta di mediazione che propone di partire aprendo però una serie di canali di discussione e che mi sembra valida perché è un tentativo di recuperare ciò che non siamo stati in grado di fare insieme finora”. E Paolo Trande ha aggiunto che “c’è tanta buona fede, passione e voglia di dare contributo positivo sulla creazione del sistema dei comprensivi, e per questo condividiamo l’idea dei due step successivi. Crediamo che in questa vicenda ci siano stati dei deficit, ma non accettiamo che ogni volta ci venga imputato il problema della non ricerca della partecipazione: cerchiamo in tutti i m,odi di stimolarla e ne teniamo conto”.

Per Futuro a sinistra, Francesco Rocco ha contestato al sindaco di aver utilizzato “il metodo ‘renziano’, cioè riforme a suon di maggioranza, solo perché si devono fare e senza ascoltare nessuno. È mancata la partecipazione vera, che non è andare nei Quartieri con una delibera preconfezionata, anche la migliore intuizione se non è condivisa non va bene. Ho apprezzato che dopo la ribellione dei modenesi, che si sono sentiti esclusi da questa importantissima trasformazione delle scuole, si sia aperto un dibattito nel Pd e sia arrivata la proposta di mediazione. Ma queste cose andavano fatte prima, non dopo”.

Anche Marco Cugusi, di Sel, ha affermato di essere completamente d’accordo, nel merito, con i comprensivi: “Dobbiamo lavorare perché in questa città non ci siano scuole di serie a e di serie b. La complessità dell’operazione però richiedeva qualcosa in più dell’emendamento proposto e un rallentamento ci avrebbe permesso, non solo di condividere la proposta con le famiglie, ma di valorizzare sia i compiti dell’Amministrazione, sia le persone che lavorano nelle scuole, sia le famiglie stesse. È difficile tenere insieme tutti questi aspetti, ma se non lo facciamo rischiamo di partire con il piede sbagliato”.

 

GLI INTERVENTI DELLE OPPOSIZIONI

“I problemi irrisolti della scuola in questa città sono tanti e il primo è quello dell’edilizia – ha sostenuto per Forza Italia Giuseppe Pellacani – con molti edifici vecchi e alcuni con materiali inquinanti. Credo che la strada imboccata con i comprensivi in astratto sia ragionevole perché un unico percorso, se ben armonizzato, può garantire una solida continuità con un riassetto dei contenuti. Ma la premessa indispensabile è trovare le sedi adatte per l’intero percorso e qui sta la carenza insuperabile: i comprensivi danno valore aggiunto però se mancano le strutture adatte per contenerli sono riforme scritte sull’acqua. A Modena manca un piano di edilizia scolastica convincente e un piano degli investimenti da cui si capisca qual è il futuro della scuola. La proposta di emendamento è meglio di niente ma se non si fanno ragionamenti di più ampio respiro, un rinvio di un anno non serve”.

Mario Bussetti (M5s) ha affermato che “il traguardo politico è abbastanza condiviso ma c’è un gigantesco problema di metodo: il piano dei comprensivi è stato elaborato in gruppi ristretti, come se i cittadini non fossero in grado di dare contributi sensati. E la conseguenza è stata che la proposta ha generato una reazione straordinaria dei cittadini, ai quali la Giunta ha risposto con un contentino. Nella proposta di mediazione infatti non c’è spazio di manovra e se questo manca, non si può parlare di partecipazione, è una pantomima. Siamo davanti a uno stravolgimento del ragionamento: facciamo le riforme perché abbiamo bisogno di utilizzare le Mattarella, sulle quali abbiamo speso soldi, invece di partire valutando se le Mattarella sono funzionali agli obiettivi che ci siamo posti. Se accogliesse la proposta di rinviare tutto di un anno, l’Amministrazione farebbe un’ottima figura perché terrebbe il punto sull’idea politica ma contemporaneamente aprirebbe un dialogo vero con i cittadini da cui uscirebbe sicuramente una soluzione migliore”. E Luca Fantoni ha sottolineato che “se si fanno degli errori, si può tornare indietro e rettificarli. Si parla tanto di partecipazione ma poi non si ascoltano i cittadini, che su questo tema hanno raccolto firme e fatto petizioni. Sarebbe quindi opportuno riaprire la discussione e fare la scelta politica di ascoltare i cittadini”.

Per Antonio Montanini di CambiaModena: “la delibera sui comprensivi ha ottenuto il risultato di portare in aula oggi un comitato di genitori, come non si era mai visto prima, venuti per testimoniare la passione per la qualità della scuola dei propri figli. In tutte le decisioni che riguardano la scuola, le priorità dovrebbero riguardare prima le esigenze dei figli, poi quelle degli insegnanti e infine dei genitori, ma in questo caso la scala delle priorità è stata stravolta. Ascoltare i cittadini non significa solo incontrarli ma recepire anche i suggerimenti che propongono. Invece sono sorpreso dall’ostinazione e dalla volontà di andare avanti a tutti i costi, nonostante il palese malessere della cittadinanza, anche se alla fine è arrivato un parziale ripensamento, che apprezziamo, ma con un po’ di umiltà e buon senso le proteste si sarebbero potute evitare”.

Secondo Domenico Campana (Per me Modena) “non è in discussione l’idea delle potenzialità positive dei comprensivi ma le modalità e i tempi del loro avvio. La forma della scuola che riguarda i bimbi dai 3 ai 13 anni è una questione cittadina e come tale deve essere trattata. Invece non se ne è parlato a sufficienza, non si sono analizzati i problemi tecnici, che pure ci sono, non sono stati approfonditi elementi che meritano attenzione e timori fondati che si possa arrivare a non valorizzare abbastanza l’esistente. Elementi così numerosi e complessi vanno governati con attenzione speciale: riapriamo la discussione e ragioniamo sugli aspetti che hanno a che fare con la vita della città. So che ci sono molti pareri favorevoli, ma non credo che chiedere una moratoria di un anno significhi non rispettarli, anche perché nessuno dice che c’è fretta di fare i comprensivi. Rimandare significherebbe partire rispettando tutte le componenti coinvolte e dando al progetto lo slancio potente che richiede”. E Marco Chincarini si è detto “amareggiato perché stiamo perdendo l’occasione per approfondire seriamente il tema, se non sui tre istituti ‘rinviati’. State cercando di mettere una pezza perché vi siete resi conto, solo negli ultimi giorni, che la delibera era farraginosa. Ma questo significa che i tre istituti in discussione potrebbero cambiare? Non è chiaro. Mi piacerebbe che ci fosse una condivisione seria di questo percorso, che ci permettesse di proseguire con convinzione, ma non riesco a difendere un progetto che presenta le confusioni di questo”.

Luigia Santoro di Area popolare ha sostenuto che è “doveroso tenere nella giusta considerazione la contrarietà di molte famiglie e di un terzo dei docenti: il trenta per cento è una rappresentanza considerevole e degna di ascolto. Spesso si confonde informazione con partecipazione, che diventa scomoda se dissenziente. Una valutazione più approfondita e tempi più lunghi non avrebbero portato che effetti positivi, nel rispetto della storia e delle identità delle singole scuole. Inoltre si dovrebbero valutare i dati del bacino di utenza delle Mattarella negli anni a venire perchè non è escluso che si possa superare la capienza della scuola, mentre le Lanfranco funzionano bene e si rischia di buttare via un’esperienza di vent’anni di lavoro. Credo – ha concluso la consigliera – che l’operazione sia stata quanto meno frettolosa”.

















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