Sono sempre di più le imprese che operano nel welfare. Una vera e propria ‘nuova economia’ che merita attenzione e che va studiata proprio perché crea posti di lavoro e contribuisce al benessere della comunità. ‘La dimensione sociale dell’impresa Welfare e nuova Economia’: è stato questo il titolo scelto per l’ultimo appuntamento del ciclo ‘Made in Lapam’, proposto da Lapam Confartigianato Modena e Reggio Emilia.
“Oltre al volontariato in Italia sono 700.000 le persone che operano come addetti del settore del welfare, settore che ha un volume di affari pari a quasi 70 miliardi – ha sottolineato Carmelo Rigobello, consulente Confartigianato – Oggi però il Terzo settore soffre i forti tagli pubblici e la diminuzione delle convenzioni. Come Confartigianato stiamo cercando di dare dignità piena al terzo settore contaminando con progetti ad hoc il mondo delle imprese e sostenendo iniziative sul territorio che pongano al centro il ben-essere”.
“I modelli di welfare europei o sono stati messi sotto pressione da importanti cambiamenti demografici, economici e sociali – ha sostenuto il professor Stefano Zamagni – il progressivo invecchiamento della popolazione, le crescenti aspettative in materia di salute, i maggiori rischi di non autosufficienza, la discontinuità lavorativa e di reddito, le tensioni sul debito pubblico hanno reso progressivamente insostenibili sistemi di assistenza e previdenza ideati in passato. In Italia, mentre il settore pubblico non dispone più di tutte le risorse necessarie a rispondere alla domanda di protezione sociale, anche il tradizionale contributo di reti informali, come la famiglia, mostra segni di debolezza. Per recuperare la sostenibilità finanziaria e sociale nel lungo periodo è necessario, quindi, un ripensamento del welfare redistributivo, nella direzione di una maggior sinergia tra pubblico e privato, che garantisca equità ed efficienza. Questo si può ottenere passando ad un welfare generativo che non mira a migliorare la condizione di vita dei soggetti, ma mira a migliorarne le capacità in modo da renderli poi autosufficienti. Si deve passare da un modello gerarchico (welfare redistributivo), a un modello di sussidiarietà circolare in cui enti pubblici, mondo dell’impresa e i corpi intermedi lavorino per il benessere collettivo”.
“L’impegno di Lapam ha lo scopo di rafforzare il ruolo del Terzo Settore al fine di migliorare la comunità locale – sottolinea Erio Luigi Munari, presidente generale Lapam – poichè le realtà no profit costituiscono una risorsa fondamentale per le comunità. Proprio guardando al futuro Lapam si pone l’obiettivo di conoscere da vicino questo settore per poter identificare e realizzare una rete di servizi strutturati e intercettare attese e valori dei cittadini a cui garantire una migliore qualità di vita. La crisi del sistema sociale ha costretto le amministrazioni pubbliche statali e locali a rivedere priorità e modalità di erogazione dei servizi socio assistenziali, avviando una riflessione sul come favorire l’organizzazione di una rinnovata responsabilità civile, capace di soddisfare domande e bisogni laddove il pubblico, per ragioni diverse, non è più in grado di fornire risposte adeguate”.