Gli scarti di lavorazione di un’azienda rappresentano un peso in termini burocratici ed economici per lo smaltimento secondo le complesse normative vigenti. Una soluzione efficace al problema è la simbiosi industriale, una strategia operativa che permette a molti sottoprodotti di lavorazione di essere utilizzati come materie prime per altre imprese della stessa o diversa filiera produttiva, riducendo gli scarti da smaltire e consentendo di guadagnare dalla vendita di questi attraverso una rete di intermediari.
In Emilia-Romagna, Unioncamere e Aster -consorzio regionale per l’innovazione e la ricerca industriale – con la collaborazione scientifica di Enea, Unità Tecnica Tecnologie Ambientali Roma, hanno sviluppato un progetto sperimentale per applicare questo processo sensibilizzando le imprese a collaborare su iniziative di interesse comune e rendere i sistemi produttivi più sostenibili. I risultati sono stati presentati oggi in un convegno a Bologna.
“In materia ambientale- sostiene il segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna, Ugo Girardi – il sistema camerale si pone nei confronti delle imprese e delle loro associazioni come “braccio amichevole” che combina obbligo amministrativo, informazione e servizi telematici attraverso un’ampia gamma di interventi, che vanno dalla raccolta e gestione informatica del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale, all’Albo gestori Ambientali, alla Borsa Telematica del recupero, a società specializzate come Ecocerved e Dintec, oltre al forte sostegno alla diffusione dei contratti di rete nel settore della green economy, dove le potenzialità sono notevoli”.
Nella prima fase del progetto sono state presentate le potenzialità e il funzionamento della simbiosi industriale a 13 imprese emiliano-romagnole: 10 hanno aderito fornendo le informazioni necessarie per verificarne la realizzabilità. Complessivamente sono state identificate 25 possibili “sinergie” con 8 flussi principali: scarti agroalimentari, fanghi da depurazione, imballaggi, residui di demolizione, scarti tessili, da trasformazione di petrolio e gas, da lavorazione del legno. Sono stati coinvolti 8 laboratori della Rete Alta Tecnologia della regione Emilia-Romagna, che hanno identificato i migliori processi per la trasformazione di ogni tipologia di scarto.
“Abbiamo ricavato feedback positivi – spiega Daniela Sani di Aster –anche se la leva principale del processo resta in mano alle aziende. Continueremo a lavorare per diffondere la cultura della simbiosi industriale e renderla applicabile su larga scala”.
Una volta creata la rete degli intermediari che cercano di far incontrare la domanda e l’offerta degli scarti di lavorazione, la simbiosi industriale genererà importanti ricadute economiche e ambientali. Chi produce, non avrà incombenze burocratiche e spese per lo smaltimento, anzi potrebbe ottenere benefici economici. Chi acquista risparmierà rispetto al consueto approvvigionamento di materia prima. Minori saranno la produzione di rifiuti e l’ emissione di CO2 legata alla produzione di nuove materie prime.
“La simbiosi industriale – spiega Laura Cutaia di Enea, che ha portato il contributo scientifico all’esperienza pilota in Emilia-Romagna – è una pratica che può portare molti benefici nei territori in cui è applicata sistematicamente. Occorre, però, fare degli sforzi ulteriori per renderla di più certa e sicura applicazione. Un aiuto potrebbe venire da chiarimenti normativi rispetto alla disciplina dei sottoprodotti e alla possibilità di valorizzazione direttamente residui industriali facendoli passare da output di una impresa, a risorsa in input, materia prima per un’altra”.