“Questa volta crediamo che sia stata la diffusa presenza di nutrie sul territorio che con le loro tane hanno compromesso gli argini: un problema che da anni segnaliamo”. La Cia di Modena non attribuisce le colpe dell’esondazione del fiume Secchia solo alle precipitazioni abbondanti, ma anche ad un ambientalismo talvolta troppo rigido che contribuisce ad ostacolare i piani di cattura di questa specie non autoctona ed estremamente invasiva.
La Confederazione modenese interviene sui fatti calamitosi che stanno colpendo le popolazioni della provincia di Modena dove migliaia di ettari sono allagati causando danni ingenti ad abitazioni ed alle colture. L’area, infatti, è investita a vigneti specializzati di lambrusco e pere, colture di alto valore. “Da una prima stima calcoliamo in diversi milioni di euro i danni arrecati alle coltivazioni – commenta Cristiano Fini, presidente della Cia di Modena, che si è recato in alcune aziende andate sott’acqua – anche se è ancora prematuro fare delle precise valutazioni. Chiediamo che venga richiesto lo stato di calamità naturale in una zona già martoriata dal terremoto e dove ancora non si è usciti da quella emergenza”.
Fini segnala che anche una scarsa manutenzione degli argini di fiumi come il Secchia ed il Panaro (di competenza dell’Aipo) che periodicamente sono soggetti ad ondate di piene. “Anche in questo caso l’ambientalismo esasperato contrasta operazioni che dovrebbero essere nella norma e che servono invece per consentire un regolare deflusso delle acque – dice -. Se a ciò aggiungiamo la forte antropizzazione e la costante ‘erosione’ di terreni agricoli per dar spazio alle edificazioni- sottolinea – Agrinsieme – è chiaro che queste emergenze rischiano di manifestarsi sempre più spesso. Sollecitiamo quindi di incrementare la manutenzione del territorio con interventi straordinari – conclude la Cia – per far fronte anche alle alterazioni climatiche ed i relativi effetti sul territorio, inoltre auspichiamo che vengano presi provvedimenti concreti per eradicare una specie come la nutria che non è autoctona e quindi prima di predatori naturali”.