Il mare Adriatico è in buona salute, nonostante alcune criticità che nei mesi estivi hanno interessato l’area settentrionale delle acque prossime alla costa.
È quanto ha rilevato l’attività di monitoraggio di Daphne II, la struttura oceanografica di Arpa Emilia-Romagna che ogni stagione svolge questo studio attraverso una motonave attrezzata per compiere controlli sull´ecosistema marino. Per la prima volta quest’anno è stato anche effettuato il monitoraggio dei rifiuti sia lungo il litorale, sia nelle acque, dove è stato realizzato un campionamento delle microplastiche. I dati sono stati illustrati oggi a Cesenatico dalla responsabile di Daphne, Carla Rita Ferrari. Presente anche l’assessore regionale alla Difesa del suolo e della costa Paola Gazzolo.
“Quelli forniti da Arpa – ha affermato Gazzolo – sono dati positivi, perché la tutela della qualità delle acque è uno degli obiettivi prioritari che la Regione Emilia-Romagna si pone, assieme ad azioni di difesa della costa che considerano il litorale un patrimonio prezioso in termini ambientali e naturalistici, ma anche economici e sociali. Le conoscenze sullo stato del mare rappresentano un presupposto indispensabile per l’attuazione di politiche integrate per la ‘Crescita Blu’, ossia quella crescita equa, sostenibile ed ecocompatibile che l’Europa ci pone come obiettivo e che la Regione persegue con convinzione”.
Nel 2013 non sono stati registrati casi di inquinamento e si è rilevata la presenza in quantità significativa di granchi, tra cui quello “reale”, delfini e cavallucci marini, generalmente rari nell’alto Adriatico e in prossimità della costa. Aumentato anche il numero delle tartarughe (Caretta caretta), che per le condizioni tipiche di questo mare trovano abbondante nutrimento in acque poco profonde.
Nei mesi estivi e prevalentemente nell’area settentrionale si sono manifestati fenomeni di eutrofizzazione, ovvero l’accrescimento di organismi vegetali dovuto ad un apporto straordinario di sostanze nutritive. Una situazione che non si verificava da anni, determinata dalla grande quantità di acqua dolce giunta in Adriatico dai fiumi padani dopo le abbondanti piogge autunnali e primaverili. Questi fenomeni contribuiscono ad incrementare l’area produttiva per pesca e molluschicoltura; tuttavia, in alcune aree favoriscono la crescita di alghe, innocue ma sgradevoli per i bagnanti, la moria degli organismi animali che vivono sui fondali e il loro spiaggiamento.
In maggio e giugno si sono sviluppate fioriture microalgali che hanno determinato una colorazione verde e ridotto la trasparenza dell’acqua, seppur circoscritta nella parte settentrionale della costa che è più sensibile a questo fenomeno perché più vicina al Po. In luglio e agosto la crescita di macroalghe ha interessato il tratto costiero prospiciente Ravenna; a favorirne l’accumulo e il conseguente spiaggiamento sono stati il forte irraggiamento, il tempo stabile e l’assenza di mareggiate.
A seguito dei fenomeni eutrofici si sono create zone a ridosso dei fondali con bassi valori o privi di ossigeno disciolto: condizioni ipossiche o anossiche sono state monitorate da giugno e si sono protratte fino a ottobre, soprattutto nell’area settentrionale della costa. Ciò ha determinato la moria di alcuni pesci, come sogliole e paganelli, e di alcuni molluschi.
L’incremento del numero di tartarughe è confermato anche dallo spiaggiamento di circa 200 esemplari che tra ottobre e novembre ha interessato la costa del Friuli Venezia-Giulia, dell’Emilia-Romagna e delle Marche. Si tratta di un evento anomalo sia per l’elevato numero di individui colpiti, quattro-cinque volte maggiore rispetto alla casistica del periodo e dell’area, sia per il ristretto lasso di tempo e la fascia circoscritta in cui è avvenuto, da Grado a Rimini.
É stato effettuato un esame necroscopico su numerose tartarughe ritrovate spiaggiate, diverse per taglia e genere; la moria non è stata causata da fenomeni di inquinamento a seguito di sversamenti di microinquinanti in mare e nemmeno da un improvviso calo della temperatura dell’acqua. L’ipotesi è che la carenza estiva di ossigeno abbia causato la moria degli organismi che vivono a stretto contatto del fondale, fonte di sostentamento per le tartarughe, le quali si sarebbero concentrate in aree molto ristrette e al largo dove è presente cibo foraggiato. Anche la fauna ittica, e di conseguenza i pescherecci dopo il fermo pesca, probabilmente si è riversata in tali aree. La causa principale della moria sarebbe quindi legata all’attività di pesca esercitata con reti a strascico, con la cattura non voluta e accidentale di alcuni esemplari. L’elevato numero di spiaggiamenti è da attribuire ai venti di bora e alla deriva delle correnti verso la costa occidentale.
Il fenomeno è stato costantemente seguito dalla Rete regionale per la conservazione e la tutela delle tartarughe marine, istituita dalla Regione Emilia-Romagna nel 2012 per adottare, con gli Enti locali e gli operatori del settore, strategie volte alla conservazione di specie marine minacciate.
“I problemi riscontrati – ha spiegato la responsabile di Daphne Carla Rita Ferrari – si sono verificati dopo una serie di annate, in particolare il 2012, che segnalavano un trend in miglioramento soprattutto per i fenomeni eutrofici e le conseguenti ipossie/anossie dei fondali. Ciò dimostra che le condizioni del nostro mare sono molto variabili anche nel breve arco temporale e che l’ecosistema marino è strettamente legato alle pressioni antropiche derivanti dai fiumi che sfociano nel mare Adriatico”.