(Adnkronos Salute) – Il ginecologo, in base alla legge 194, ”ha la possibilita’ di avvalersi dell’obiezione di coscienza sull’atto, ma non su tutto quello che e’ fuori dall’atto che e’ invece la sua attivita’ clinica vera e propria. Altrimenti torniamo a 35 anni fa quando, appena entrata in vigore la legge sull’aborto, anche i cuochi si rifiutavano di servire i pasti alle donne che avevano scelto l’interruzione di gravidanza appellandosi alla coscienza. La norma giuridica va rispetta, altrimenti si mette a repentaglio il diritto alla salute”. Ad affermarlo all’Adnkronos Salute e’ Marco Sani, specialista ginecologo del Policlinico Casilino di Roma, che commenta la sentenza della Cassazione che ieri ha stabilito che un medico obiettore di coscienza non puo’ negare cure dopo l’aborto.
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