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Confesercenti E.R. lancia l’allarme commercio: nei primi due mesi del 2013 in regione hanno già chiuso 929 negozi e 663 attività ricettive e di pubblico esercizio

Fare impresa nel commercio è diventato sempre più difficile anche in Emilia Romagna. Il 2013, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, si prospetta purtroppo come un annus horribilis, ben peggiore del 2012: nel primo bimestre, solo nel settore della distribuzione al dettaglio, hanno già chiuso i battenti in regione ben 929 negozi, mentre si riducono fortemente le nuove aperture di attività (206) con un saldo negativo di -723.

Il bilancio è destinato a peggiorare, sempre secondo le proiezioni dell’Osservatorio, alla fine del 1° trimestre, quando potrebbe verificarsi un vero e proprio crollo del 50% per quanto riguarda le nuove aperture di attività commerciali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (media nazionale).

Stesso trend si riscontra nei primi 2 mesi del 2013 relativamente alle imprese ricettive e ai pubblici esercizi: in Emilia Romagna si sono registrate già 663 chiusure e solamente 156 nuove aperture con un saldo negativo di -507 attività.

“Come Confesercenti Emilia Romagna – sottolinea il suo presidente Roberto Manzoni – lanciamo l’allarme per quella che a nostro avviso è diventata ormai una vera e propria emergenza nel settore del commercio, che vede sommarsi il fenomeno dell’andamento delle chiusure con il crollo delle aperture e con un gran numero di negozi sfitti “per assenza di imprese” ormai in tutte le città della regione; ciò porterà presto al venir meno del servizio commerciale in determinate zone, sia nei centri storici che nelle periferie, con le ovvie ricadute anche di carattere sociale e di qualità della vita”.

“A fronte di questa emergenza economica – sostiene Stefano Bollettinari, direttore Confesercenti Emilia Romagna – occorre intervenire subito, nonostante lo stallo politico a livello nazionale, per non lasciare sole le imprese ed evitare che le città si desertifichino con la scomparsa di importantissimi punti di riferimento per la popolazione come i negozi di vicinato. Chiediamo quindi a Comuni e Regione di predisporre al più presto un piano per salvare il commercio delle nostre città, studiando anche misure di supporto per chi si mette in gioco e intende aprire nuove attività.

Per quanto riguarda i negozi sfitti – prosegue Bollettinari – è necessario definire un sistema che coniughi le necessità di messa a reddito degli immobili commerciali con il bisogno delle imprese di locali a prezzi ragionevoli per gestire le loro attività. Quindi proponiamo di istituire tavoli tecnici tra Associazioni imprenditoriali e proprietà immobiliari per studiare un “canone” che sia remunerativo per il proprietario del negozio e sostenibile per il conduttore, con un impianto giuridico concordato”.

 

















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