“Ci sono rassicurazioni sul fatto che la situazione della circolazione delle derrate alimentari dovrebbe migliorare se non normalizzarsi entro breve tempo, speriamo che sia così e chiediamo che il Governo e le autorità di Pubblica sicurezza operino in tal senso”. Lo afferma il presidente della Cia di Reggio Emilia Ivan Bertolini, che ricorda come “Alle difficoltà sul rifornimento di frutta e verdura che in questo periodo proviene soprattutto dal Sud Italia, vanno aggiunte quelle dei nostri mangimifici e di conseguenza allevamenti, nel ricevere le materie prime per formulare i mangimi, con possibili difficoltà anche per la zootecnia”.
“In ogni caso – ricorda il presidente Cia – un risultato i blocchi dei tir lo hanno già raggiunto: favorire l’importazione di derrate alimentari dall’estero per rimediare al blocco della merce proveniente dal Sud, che in gran quantità va persa e distrutta nell’impossibilità di consegnarla; soprattutto ovviamente i prodotti freschi”.
Lo sciopero dei tir poi – rileva la Cia – ha provocato una sorta di “panico d’acquisto”. Non è solo corsa alla ricerca di benzina e diesel, ma anche di provviste alimentari. E dagli scaffali cominciano a sparire tantissimi prodotti. E così la speculazione comincia a farla da padrona colpendo soprattutto i prezzi di ortaggi, verdure e frutta, ad esempio. I frutti stagionali come le arance sono rincarati del 100 per cento (da 1 euro a 2 euro il chilo). Le mele sono passate da 1,20 euro il chilo a 2,10 euro il chilo; mentre le pere sono cresciute da 1,30 euro a 2,30 euro il chilo.
Inoltre, considerando tutte le attività paralizzate dallo sciopero dei tir, dalla coltivazione alla raccolta, dalla trasformazione alla vendita nella Gdo, la perdita secca per l’intera filiera agroalimentare italiana arriva a 200 milioni di euro, di cui praticamente la metà ricade solo sull’agricoltura. La Cia lo afferma sulla base di dati raccolti sul territorio nazionale. Un colpo durissimo per i nostri produttori – evidenzia – tanto più che le aziende agricole già devono fare i conti con il “caro-gasolio”, aumentato in due anni del 150 per cento con un aggravio di spesa di 5mila euro ad impresa, e con le misure della manovra, che costruiscono una vera e propria “patrimoniale in campo”.