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Parte da Modena una nuova speranza nella cura della fibrosi polmonare

Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena e Università degli studi di Modena e Reggio Emilia in prima linea contro la fibrosi polmonare idiopatica. Oggi, 22 settembre, il New England Journal of Medicine pubblica uno studio di fase 2, condotto su oltre 400 pazienti e coordinato dal Centro per le Malattie Rare del Polmone dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena, diretto dal prof. Luca Richeldi, che ha identificato una nuova terapia per la fibrosi polmonare idiopatica, una grave malattia rara, cronica e progressiva che, sino ad oggi, non aveva cure efficaci. Il farmaco, che inibisce alcune proteine, responsabili della formazione di tessuto fibrotico nel polmone di questi pazienti, verrà ulteriormente testato in due studi di fase tre che si concluderanno nel 2014.

Lo studio internazionale multicentrico di fase 2 – quindi la fase prima di quella relativa alla messa in commercio di un farmaco – coordinato dal Policlinico ha dimostrato che un nuovo farmaco (la cui sigla è BIBF 1120) appartenente alla classe degli inibitori delle tirosin-kinasi rallenta la progressione della malattia in pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica. Lo studio, sponsorizzato dalla ditta tedesca Boehringer-Ingelheim, è stato condotto in 92 centri distribuiti in 25 Paesi a livello mondiale ed è stato coordinato dal Centro per le Malattie Rare del Polmone (MaRP) dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena. L’efficacia del BIBF 1120 nella fibrosi polmonare idiopatica sarà ulteriormente valutata in due studi di fase 3 – cioè gli studi che, se positivi, renderanno il farmaco direttamente disponibile ai pazienti – che si concluderanno nel 2014.

“La fibrosi polmonare idiopatica – spiega il prof. Leonardo Fabbri, Direttore del Dipartimento ad Attività Integrata di Oncologia, Ematologia e Patologie dell’Apparato Respiratorio – è una malattia cronica e progressiva per la quale sino ad oggi non erano sono disponibili trattamenti di provata efficacia. I pazienti affetti da questa malattia hanno una speranza di vita che non supera mediamente i 3 anni dopo la diagnosi: sviluppano una progressiva insufficienza respiratoria, diventano dipendenti dall’ossigeno e in alcuni casi vanno incontro a trapianto del polmone. I casi di fibrosi polmonare idiopatica sono in aumento in Europa e si calcola che vi siano almeno 5.000 nuovi casi ogni anno in Italia. Si stima quindi che nella provincia di Modena vi siano al momento circa 200 pazienti con fibrosi polmonare idiopatica. Tipicamente questi pazienti sono maschi, fumatori o ex fumatori con un’età media di 65 anni: i sintomi principali sono aspecifici, principalmente tosse cronica e fatica a respirare a seguito di sforzi moderati, per cui spesso vengono confusi con pazienti affetti da enfisema polmonare o bronchite cronica”.

Fino ad oggi questi pazienti sono stati trattati con farmaci non specifici, come i cortisonici. Dal 2012 entrerà in commercio un primo farmaco per questa malattia, il pirfenidone, che però non ha un meccanismo specifico di azione e ha un’efficacia limitata, tanto che, ad esempio, non è stato autorizzato al commercio negli Stati Uniti.

I risultati del nuovo studio coordinato dal MaRP indicano che una classe di farmaci, finora utilizzati con successo per trattare pazienti affetti da patologie oncologiche, potrebbero essere efficaci nel bloccare la progressione della fibrosi polmonare idiopatica. Lo studio, condotto su 432 pazienti trattati per 1 anno con placebo o con dosi crescenti del farmaco BIBF 1120, ha dimostrato che la dose più alta del farmaco riduce del 68% la caduta della capacità respiratoria (misurata come capacità vitale forzata), riduce la frequenza degli episodi di peggioramento acuto dei sintomi (le cosiddette riacutizzazioni di malattia) e migliora significativamente la qualità della vita dei pazienti. Gli effetti collaterali registrati sono stati di portata limitata in una minoranza di pazienti, principalmente nausea, diarrea e vomito.

“L’efficacia del BIBF 1120 nella fibrosi polmonare idiopatica – spiega il prof. Luca Richeldi – sarà ulteriormente valutata in due studi di fase 3, che arruoleranno circa 1000 pazienti in 20 diversi Paesi nel mondo, trattati con placebo o con la dose più alta del farmaco. Il MaRP coordinerà anche questa successiva e, auspicabilmente, ultima fase della sperimentazione. Gli studi sono già attivi e i primi pazienti sono già stati arruolati, anche presso il MaRP, che coordinerà anche questa ulteriore fase della sperimentazione. I risultati conclusivi di questi studi sono attesi per la prima metà del 2014. Se anche questi risultati saranno in linea con quelli della fase 2, il farmaco potrebbe giungere nelle farmacie nel 2015”.

Lo studio sarà pubblicato dalla rivista americana New England Journal of Medicine il 22 Settembre: i risultati saranno inoltre presentati e discussi dal prof. Luca Richeldi in una sessione, moderata dal prof. Leonardo Fabbri, durante il congresso internazionale dell’European Respiratory Society, in programma ad Amsterdam dal 24 al 28 settembre 2011.

L’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, grazie alla collaborazione con la strutture dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, ha da tempo fatto propria la causa delle malattie rare sia dal punto di vista della ricerca sia da quello della sensibilizzazione, coinvolgendo gli studenti delle scuole, assieme alle associazioni di malati, in programmi di conoscenza di queste patologie. “Siamo molto orgogliosi che il MaRP abbia contribuito in modo sostanziale al raggiungimento di questo risultato – commenta la prof.ssa Gabriella Aggazzotti, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia – Tanto più importante considerando che i pazienti con fibrosi polmonare idiopatica appartengono al grande gruppo dei pazienti con malattie rare o orfane, finora non adeguatamente considerati dalla ricerca a livello accademico e industriale. Queste malattie, inoltre, per la loro limitata diffusione, rischiano di non essere riconosciute se non dopo molti tentativi. In questo campo, quindi, è ancora più determinante che in altri, creare centri di alta specializzazione in grado di costruirsi una casistica abbastanza ampia per poter formare studenti e partecipare a ricerche farmacologiche. È questo il caso del MaRP modenese che, struttura della nostra Facoltà, può mettere a disposizione il suo patrimonio scientifico a centinaia di giovani aspiranti medici. Non mi stupisco, quindi, che proprio il MaRP abbia coordinato questo studio: la ricerca germoglia dove ci sono radici profonde come avviene al Policlinico”.

L’Azienda Ospedaliero–Universitaria di Modena si pone all’avanguardia nella lotta di numerose malattie rare. Sono 13 le strutture del Policlinico che si occupano di malattie rare, seguendo quasi 300 patologie. La sinergia col Centro di Medicina Rigenerativa dell’Ateneo e costituisce un fondamentale supporto all’attività clinica del Policlinico, che si occupa di patologie polmonari, metaboliche, dermatologiche, oculistiche. Questa organizzazione pone Modena all’avanguardia in ambito nazionale per l’approccio terapeutico a queste patologie, grazie alla sinergia tra ricerca e didattica e alla multidisciplinarietà, rafforzata da un’organizzazione dipartimentale ormai consolidata.

“Uno dei cardini di questa organizzazione è proprio il MaRP, centro di ricerca universitaria e struttura semplice assistenziale del Policlinico, che sintetizza in sé la mission di questa Azienda, composta di assistenza, didattica e ricerca – conclude il dottor Stefano Cencetti, direttore generale del Policlinico – Siamo quindi orgogliosi che questa struttura multidisciplinare, unica nel suo genere, si ponga oggi ai vertici mondiali sulla ricerca clinica nel campo delle malattie rare polmonari. Siamo fiduciosi che in futuro sarà possibile sempre più frequentemente dare risposte adeguate a questi pazienti che fino ad ora hanno faticato ad avere voce ed essere adeguatamente considerati”.

















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