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Il Circolo Artemisia Sassuolo chiama a firmare la moratoria per la pena di morte

Un minorenne è stato impiccato lo scorso 10 luglio nella prigione Marvdasht di Shiraz, in Iran. Lo rende noto il quotidiano Vatan-e-Emrouz, che identifica il giustiziato come Mohammad. Riconosciuto colpevole di un omicidio che avrebbe commesso a 17 anni, il giovane è stato impiccato senza che la sua famiglia fosse informata.

Teresa Lewis, condannata nel 2003 alla pena di morte per aver pianificato l’assassinio del marito e del figlio adottivo di lui, è stata giustiziata il 24 settembre in Virginia. La Lewis, 41 anni, è morta per un’iniezione letale alle 03:13 ora italiana ed è così diventata la prima donna ad essere giustiziata in Virginia da un secolo, la prima in Usa dal 2005. E’ stata messa a morte nonostante gli appelli alla clemenza arrivati da ogni parte del mondo e giustificati con il suo limitato quoziente intellettivo.

Oggi 28 settembre gli organi di stampa annunciano che i giudici iraniani hanno convertito la pena alla lapidazione per Sakineh in impiccagione: come già accaduto più volte la morte di Sakineh sarà comunicata ad esecuzione avvenuta. Ai suoi familiari è stato imposto con minacce il silenzio.

La Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, il 20 aprile del 2005, per il nono anno consecutivo, ha stabilito che l’abolizione della pena di morte “contribuisce al rafforzamento della dignità umana e al progresso dei diritti dell’uomo”, ed ha chiesto agli Stati mantenitori di “stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista della definitiva abolizione della pena di morte”. I Tribunali istituiti dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per giudicare il genocidio, lo stupro etnico, le fosse comuni ed altri gravi crimini commessi nella ex Jugoslavia e in Ruanda e lo stesso Statuto del Tribunale internazionale permanente per i crimini contro l’umanità, escludono tutti il ricorso alla pena capitale.

Dopo l’abolizione della schiavitù e l’interdizione della tortura, il diritto a non essere uccisi a seguito di una misura giudiziaria può essere un altro comune denominatore, una nuova e irriducibile dimensione dell’essere umano che fa di tutti noi un’unica comunità.

Da quando Cesare Beccaria nel 1764 mostrò l’inutilità e la non necessità della pena di morte per arginare i crimini nei sistemi giudiziari delle diverse nazioni del mondo, molto cammino è stato fatto, ma non è ancora abbastanza. Perché ancora si pensa alla pena di morte come ad una panacea dei mali che le nostre società vivono?

Alziamo la nostra voce a difesa dei bambini, degli adolescenti, delle donne e degli uomini in attesa della morte: Sakineh è un simbolo di questa umanità sofferente che è chiamata a riparare il danno portato (quando e se è stato arrecato) alla collettività non attraverso un percorso di riabilitazione e di risarcimento della ferita inferta alla società ma con la vita, il bene più prezioso, indisponibile anche per lo Stato.

Artemisia chiama a firmare l’invito sottoscritto da molte organizzazioni umanitarie all’ONU di liberare la Comunità internazionale da questo anacronismo e di istituire una moratoria universale delle esecuzioni, in vista della completa abolizione della pena di morte.

(CIRCOLO CULTURALE ARTEMISIA SASSUOLO)
















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