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”Futuro semplice tour”: il regista Paolo Virzì a Reggio Emilia

Giovedì 3 aprile alle ore 9.30 parte il “Futuro semplice tour”, un calendario di sette incontri per riflettere e confrontarsi sulle modalità in cui la nostra società sta affrontando la questione giovanile e sull’incertezza che sembra mettere in grave crisi le prospettive di vita delle nuove generazioni.

Il primo ospite sarà Paolo Virzì, il regista di “Ovosodo” che sarà ospite di un dibattito aperto al pubblico all’aula E-Learnig di via Allegri 13 per presentare e confrontarsi sul tema della precarietà e del lavoro, che è al centro del suo ultimo film “Tutta la vita davanti” uscito nelle sale cinematografiche in questi giorni. A confrontarsi con il regista sarà il prof. Massimo Neri Direttore del Dipartimento di Scienze sociali Cognitive e Quantitative dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Nel film i personaggi sembrano essere interiormente bloccati e in difficoltà nel riuscire a porre uno sguardo sulla propria vita, ponendo come una delle poche vie d’uscita quella della passione e della ricerca di una dimensione sociale. Il futuro semplice tour è stato organizzato dall’Assessorato Giovani del Comune di Reggio Emilia, gli appuntamenti proseguiranno con sportelli informativi per i giovani, concerti e dibattiti con il filosofo Umberto Galimberti, l’economista Vincenzo Galasso e il sociologo Carlo Buzzi.

L’arte di Paolo Virzì, la sua capacità di saper trasformare un tema di attualità in una straordinaria vicenda di grande ironia ma con la duttile capacità di far insinuare quel tarlo nella mente che ti lascia riflettere su aspetti che molto spesso “sfuggono”. Una commedia grottesca, a tratti surreale, che racconta il difficile inserimento dei giovani nel mondo del lavoro: le loro ansie, le piccole aspirazioni, i problemi quotidiani, la speranza di un futuro migliore, risultato, un film assolutamente geniale!
Il tutto si svolge in un call center, uno dei tanti, tantissimi che danno l’illusione che in italia il tasso di occupazione sia cresciuto, come qualcuno vuole far credere, cercando di prenderci tutti per i fondelli, quando invece così non è. La “follia” che regna in questi effimeri luoghi di lavoro e la “follia” dei personaggi che li popolano. Giovani laureati, con master dottorati e quant’altro, costretti a farsi prendere in giro ed istruiti per prendere in giro i loro interlocutori. Con la dura realtà della precarietà del lavoro giovanile, Paolo Virzì torna nelle sale con “Tutta la vita davanti”, con Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Teresa Saponangelo, Valentina Carnelutti.

Gli slogan dell’azienda (Coccolare il cliente, Coraggio e autostima, L’orgoglio di essere persone speciali, Accogliamo con un sorriso le opportunità che ci offre questa nuova fantastica giornata) sembrano dimenticare che quei posti di lavoro non offrono speranza per il futuro. Ad ogni livello, dal supercapo Claudio (Massimo Ghini), ai venditori (fra cui Elio Germano), alla telefoniste, le parole d’ordine sono: ottimismo, produttività, entusiasmo, successo. Ed è difficile per il sindacalista Valerio Mastandrea riuscire a parlare di diritti, di tutela sindacale e sfondare quel muro di finto entusiasmo dietro il quale, in realtà, si nascondono grandi tragedie individuali.

Virzì racconta così il suo film: “Ci siamo ispirati a quello che accade davvero nei call-center, dove una delle prime regole è controllare il sorriso durante la conversazione. Il sorriso è obbligatorio, ed è paradigmatico in questo genere di lavoro. Ho voluto fare una commedia all’italiana che parli dell’Italia di oggi e di quel confine tra il destino incerto di tanti ragazzi e l’energia disperata del precariato.
La grande stagione operaia è finita – spiega il regista toscano -. Oggi l’Italia è il Paese del terziario avanzato, del lavoro flessibile, dei co.co.pro. Certo non tutte le aziende sono come la Multiplex, ma la legge 30 viene spesso abusata. Ci sono nuove forme di sfruttamento, di ingiustizia, e c’è spesso il disagio della solitudine, dell’isolamento. Io volevo fare un viaggio nell’inferno nella sotto-occupazione e raccontare lo spirito dei tempi, rileggendone però il linguaggio e l’estetica in maniera divertente, con spirito beffardo”.

















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