“La magistratura è il potere dei senza potere” è con questa frase di Vaclav Havel, drammaturgo e leader praghese della Rivoluzione di Velluto che si aprirà la lezione della Scuola di Etica e Politica “Giacomo Ulivi” che si terrà domani sera alla Gabella di via Roma.
Domani alle 21 l’associazione Telecitofono ha invitato Bruno Tinti, procuratore aggiunto presso la Procura di Torino per confrontarsi sul tema “Toghe rotte: la giustizia raccontata da chi la fa”. Bruno Tinti è uno di quei professionisti che ha speso la propria vita professionale a inseguire truffatori, evasori, bancarottieri, insomma i reati finanziari.
Nel corso degli ultimi mesi ha raccolto, in un libro edito da Chiare lettere con prefazione di Marco Travaglio, la sua testimonianza e quella di altri colleghi, per dare voce al disagio di molta parte della magistratura.
Dopo aver letto queste testimonianze, la domanda naturale è: «non ci posso credere, ma veramente la magistratura è ridotta così?» Il cittadino che abbia voglia di capire perché molte persone condannate per reati finanziari le ritroviamo coinvolte in scandali successivi; perché perfino i reati più comuni (rapine, estorsioni, sequestri di persona, omicidi, ecc.) spesso sono commessi da gente che è già stata condannata per altri reati; perché il processo termina, nel 95% dei casi, con una sentenza di non doversi procedere per prescrizione. Per capire perché accade tutto questo, è necessario sapere che cosa succede nelle aule dei tribunali e come si lavora nelle Procure. Ecco un libro che finalmente lo racconta. Se si supera lo choc di queste testimonianze offerte da vari magistrati e avvocati, sarà poi più facile valutare le esternazioni in materia di giustizia che provengono dal politico di turno, di volta in volta imputato, legislatore, opinion maker, e spesso contemporaneamente tutte queste cose. Accompagna le testimonianze un testo illustrativo ad uso dei cittadini, per capire come funziona la giustizia (la pena, i gradi di giudizio, le indagini, il processo ecc.).
“E’ accaduto nella magistratura qualcosa di molto simile a ciò che è accaduto all’esterno, nei palazzi della politica. Gruppi legittimi ma di natura privata, cioè le correnti, decidono su un bene pubblico, la giustizia, proprio come i partiti fanno nelle istituzioni”.
Dopo il best-seller di Gian Antonio Stella, la nuova ‘casta’, questa volta, sembra quella identificata dal libro di un serissimo magistrato, Bruno Tinti, procuratore aggiunto a Torino. E’ lui l’autore di ‘Toghe rotte’, edito da Chiarelettere con prefazione di Marco Travaglio, un libro che apre squarci non proprio rassicuranti sul mondo della magistratura italiana.
Sotto la lente di Tinti i meccanismi di autogoverno della categoria, a cominciare dai sistemi di elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura: concepiti dal Costituente per preservarne l’autonomia dai poteri forti e, invece, strumento per fare dei giudici appunto una casta, con i propri rituali, i propri compromessi e le proprie spartizioni.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito Telecitofono.