Forte preoccupazione per la chiusura della filiale di Modena della Banca d’Italia è stata espressa dalla Fisac/Cgsil al presidente della Provincia
Emilio Sabattini, in un incontro che si è tenuto nei giorni scorsi.
Secondo il sindacato, infatti, notevoli perplessità derivano dalla mancata
enunciazione di criteri oggettivi e coerenti scelti nella riorganizzazione e nel ridimensionamento della rete dell’Istituto. L’Emilia-Romagna è una
delle regioni che paga maggiormente i costi della ristrutturazione interna all’Istituto con la previsione di chiusura di 4 filiali su 8 (oltre Modena, Ferrara, Parma e Ravenna, mentre anche la sede di Piacenza è prevista sospendere il servizio all’utenza), essendo penalizzato oltre il 50% dei cittadini emiliano-romagnoli.
Tali criteri hanno portato a decidere la soppressione del Servizio di Tesoreria Provinciale dello Stato a Modena, scavalcando in toto il ministero e l’ente locale, senza verificare preventivamente le necessità
del territorio e costringendo così gli utenti della città e della provincia a recarsi a Bologna o a Reggio Emilia per fruire degli stessi servizi.
La prevista chiusura delle succursali della Banca d’Italia è con ogni probabilità propedeutica a quella delle Direzioni Provinciali del Tesoro (DPSV) e delle Ragionerie Provinciali dello Stato (RPS), stante la
sostanziale condivisione delle modalità prescelte dal Ministro dell’Economia e delle finanze in tale ambito e l’implicita accettazione da
parte dell’Istituto di assurgere a modello per la Pubblica Amministrazione, pur non essendone parte.
Con la decisione di sopprimere la filiale modenese della Banca d’Italia, e altre 33 in tutta Italia, pertanto, non solo l’Istituto ha di fatto rinunciato alle riconosciute e auspicate prerogative di autonomia che le
sono proprie, ma contribuirà a provocare una sorta di “desertificazione” del nostro territorio per quanto attiene i servizi offerti dallo Stato ai
cittadini.
Il risparmio di spesa sul bilancio statale, inoltre, può ottenersi anche con modalità diverse da quelle sin qui perseguite dal Ministro
dell’Economia e delle finanze. Tra le soluzioni alternative si segnala la possibile unificazione di DPSV e RPS – sostenuta da alcuni parlamentari –
che consentirebbe di ottenere analoghi risparmi, garantendo il presidio territoriale e l’uniformità nell’erogazione di servizi ai cittadini, ed evitando così immotivate discriminazioni geografiche.
Al presidente della Provincia – che ha condiviso le preoccupazioni del sindacato – è stato chiesto di attivarsi per rappresentare le ragioni della
difesa di un servizio ritenuto universalmente pubblico ed essenziale per i cittadini. Si è convenuto quindi di investire del problema la Regione Emilia Romagna in quanto, trattandosi di servizio pubblico essenziale, la questione può trovare soluzione all’interno della Conferenza Stato-Regioni, con la definizione di livelli essenziali di servizi pubblici alla stregua
della sanità.
Con questa e le ulteriori penalizzazioni in vista la città e la provincia di Modena corrono il rischio di vedere un forte ridimensionamento delle
funzioni pubbliche sul territorio per cui si auspica un ripensamento delle decisioni in itinere.
La Fisac/Cgil di Modena rimane in attesa della convocazione anche da parte del Sindaco Pighi, a sua volta interpellato sulla questione nello scorso
mese di novembre.