Nel corso di un convegno la Confederazione spiega come sia possibile garantire alla collettività sicurezza, efficienza e servizi di elevata qualità.
La Pubblica Amministrazione non sembra oggi in grado di garantire certezza di prestazioni di qualità al miglior prezzo disponibile. Gli Enti pubblici per superare le crescenti difficoltà nella gestione del proprio patrimonio immobiliare e governare gli appalti hanno intrapreso la strada della esternalizzazione dei servizi di gestione e manutenzione a poche grandi aziende. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: un livello più scadente delle prestazioni offerte ai cittadini, una mediocre qualità energetica ed ambientale, un saldo economico finale negativo per l’Amministrazione. Un bilancio – insomma – davvero poco lusinghiero visto che, in molti casi, non si è risolto il conflitto tra qualità delle prestazioni e la scarsità delle risorse, ottenendo risparmi più apparenti che reali e riducendo comunque il valore del rapporto qualità/prezzo.
Cna vuole dare il proprio contributo per modificare questa situazione. “ Migliorare il funzionamento della P.A. nel settore appalti, manutenzione ed energia – spiega Moreno Barbani responsabile del dipartimento energia, ambiente e mercato della Cna Regionale – è condizione essenziale per mantenere alta la qualità della vita in questa regione e consentire al nostro territorio ancora elevati livelli di competitività internazionale. Ma questo non può avvenire senza il coinvolgimento ampio e diffuso delle piccole imprese e dell’artigianato che costituiscono la spina dorsale dell’economia emiliano romagnola: oltre 60.000 imprese edili ed impiantistiche, alcune migliaia delle quali organizzate nei circa 20 consorzi esistenti in regione che operano nelle manutenzioni e che dispongono di tutte le potenzialità per intervenire nella qualificazione energetica degli immobili”.
Da qui le richieste presentate nel corso di un convegno svoltosi oggi a Bologna, a Regione ed Enti locali: dar vita a nuovi modelli per la qualificazione degli appalti pubblici, che portino ad un maggiore coinvolgimento e alla valorizzazione del sistema imprenditoriale locale; ad un ampliamento della concorrenza; ad una revisione dei criteri di valutazione puntando ad una più elevata qualità, ad un più controllabile livello delle prestazioni e ad una maggiore attenzione agli aspetti energetici ed ambientali, garantendo al singolo cittadino ed alla collettività: sicurezza, efficienza e servizi di elevata qualità.
Dall’ impostazione assunta in questi anni, denuncia la Cna, è derivato un modello di gestione basato su un ristrettissimo numero di imprese dotate di grandi fatturati, buone risorse finanziarie, discrete capacità organizzative ma quasi totalmente prive di stabili risorse umane dedicate all’operatività. Di conseguenza sviluppato un sistema di subappalti che raramente è stato improntato alla costruzione di una filiera stabile di fornitori competenti, coinvolti nel processo produttivo complessivo ed in grado di apportare contenuti qualitativamente rilevanti. Più frequentemente si è assistito a modelli predatori, incentrati sulla ricerca del massimo sconto e, quindi, del massimo profitto per l’appaltatore a scapito della efficienza e qualità delle prestazioni nonché, in casi estremi, della regolarità e della sicurezza dei lavoratori.
Ma i limiti di questo modello risiedono anche in una concezione distorta del sistema imprenditoriale che individua da un lato, poche (grandi) imprese, quelle capaci di organizzare la gestione di appalti complessi e dall’altro, le piccole imprese e gli artigiani, bravi solo a stringere fili o saldare tubi, destinati unicamente al ruolo di subappaltatore. Se non vi fosse nella Pubblica Amministrazione un forte radicamento di questo orientamento culturale, non si comprenderebbe, infatti con quale criterio vengano predisposti bandi che assumono frequentemente carattere discriminatorio verso nuovi soggetti che si vogliano organizzare e candidare a competere per appalti di gestione e manutenzione. Da questa particolare tipologia di appalti consegue un ulteriore elemento negativo: la concorrenza estremamente ridotta; talvolta un solo concorrente a gara, altre volte due-tre al massimo. Cambiare strada si deve e si può; il sistema imprenditoriale di questa regione possiede le competenze, le esperienze e le strutture necessarie.