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Legambiente su risparmio idrico e innovazione dell’agricoltura

Il tema del risparmio idrico in agricoltura è
stato al centro di un interessante convegno
organizzato stamane dalla Regione Emilia Romagna. L’impostazione dell’iniziativa è stata molto apprezzata da Legambiente Emilia Romagna.

Al posto delle solite lamentazioni catastrofiche
sulla scarsità d’acqua addebitata non senza
ragione ai cambiamenti climatici in corso si sono
affrontati i temi con un approccio realistico,
concreto e positivo. “Finalmente – ha commentato
Luigi Rambelli, Presidente Legambiente Emilia
Romagna – c’è qualcuno che prende atto della
realtà e si attrezza per far fronte ai problemi
in temini ordinari, cosciente che solo così si
possono affrontare non solo i problemi dell’ambiente ma soprattutto della conservazione
degli attuali livelli di reddito di un settore
come quello agricolo che appare di importanza
fondamentale per la nostra regione. Invece di
inveire contro la malasorte e invocare
provvedimenti di emergenza e/o calamità naturali,
si fa ricorso all’innovazione disponibile e si
chiamano tecnici di valore ad illustrare
metododologie, soluzioni organizzative e
politiche tariffarie per ottenere il risparmio
della risorsa idrica unitamente al miglioramento
del risultato produttivo”. Dalla relazione e
dalle comunicazioni presentate è emersa anche la
necessità di una regia coordinata fra regioni e
governo per l’assetto del Bacino e l’uso delle
acque Po, considerate anche le diverse velocità
alle quali viaggiano le politiche di risparmio
messe in atto (o meno) nelle diverse regioni
rivierasche.

Nel corso del convegno Tiberio Rabboni, Assessore Regionale all’agricoltura ha denunciato l’arretratezza di alcune regioni in questo campo citando dati secondo i quali il prelievo dal Po per l’irrigazione da parte delle regioni Piemonte e Lombardia a 20 miliardi di metri cubi annui e quello dell’Emilia Romagna arriva a 1 miliardo e 400 milioni di metri cubi.
“Siamo d’accordo con Rabboni – ha detto ancora
Rambelli – si vede che ci sono regioni della
Valle Padana che ritengono di avere un diritto
divino a prelevare acqua lasciando ciò che resta
agli altri che stanno a valle”.

















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