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La Caritas reggiana festeggia 45 anni di Chiesa in Stato di Servizio

La Caritas della Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla compie 45 anni: una lunga storia di solidarietà e relazioni da festeggiare insieme ai tanti volontari, operatori, persone accompagnate e amici, senza dimenticare i donatori e sostenitori dei diversi ambiti di intervento e aiuto contro le povertà.

Mercoledì 21 settembre 2022, dalle ore 18, nella sede della Caritas diocesana in via Adua 83 a Reggio Emilia, il Vescovo Monsignor Giacomo Morandi celebrerà la Santa Messa nel giardino delle Querce di Mamre. Alle 19.30 sarà inaugurato il “Wall of Donors” per ringraziare sponsor, fornitori e sostenitori dell’opera della Caritas. A seguire aperitivo offerto (per motivi organizzativi è gradita la prenotazione scrivendo a segreteria@caritasreggiana.it).

Fondata a Reggio Emilia il 21 settembre 1977 dal Vescovo Gilberto Baroni, la Caritas diocesana nasce, come scritto nel proprio Statuto, con “lo scopo di mettere fraternamente insieme tutti i responsabili (religiosi, sacerdoti, laici) degli enti che si occupano di assistenza”.

Una storia attraversata da un lungo filo rosso, cominciata con l’opera di Don Fabrizio Crotti e Don Gianfranco Gazzotti che l’hanno diretta fino al 1992, quando la Caritas fu affidata a Don Luigi Guglielmi, il quale ha gettato sapientemente le basi e l’impostazione di quella che è ancora oggi la Caritas diocesana: chiarezza sul mandato e sull’identità, attenzione ai poveri come finalizzazione dell’Eucarestia, ricerca della comunione e animazione territoriale.

Dopo di lui sono venuti altri che si sono collocati in questo solco; Don Walter Rinaldi e poi Don Romano Zanni che hanno con forza e convinzione lavorato sul territorio per la nascita dei Centri di Ascolto e per la diffusione delle accoglienze territoriali. A Don Romano il merito di aver avviato esperienze di pastorale integrata che oggi trovano compimento nel percorso diocesano di integrazione tra i diversi Uffici Pastorali che ora trovano la “Casa” comune in Curia. Don Romano ha testimoniato la necessità di essere, anche per la Caritas, missionari nella chiesa e nel mondo e la necessità di essere attenti a tutte le povertà, vicine e lontane, clamorose e nascoste.

Gianmarco Marzocchini, primo laico direttore della Caritas diocesana, si è posto in scia ai suoi predecessori: animazione, formazione e accompagnamento dei territori, nascita dei coordinamenti dei Centri di Ascolto, dialogo intenso con le Istituzioni, capacità di fare rete con altri soggetti e spirito di servizio alla Chiesa. Questo percorso è stato perseguito con passione anche durante la direzione del diacono Isacco Rinaldi al quale si deve anche la trasformazione del Progetto Nuovamente e dell’Ambulatorio Caritas in associazioni di volontariato rispettivamente Nuovamente Odv e Querce di Mamre Odv per permettere a queste esperienze di continuare a crescere nel servizio e la costruzione del partenariato con la Coop. San Giovanni Bosco.

La pandemia ha poi costretto ad una evoluzione del normale sistema di accoglienza e contrasto alle povertà: c’è voluto tempo, più di 25 anni, ma oggi possiamo dire che il sogno di don Gigi sta prendendo forma. Dal 2020 a Reggio Emilia c’è un “sistema” di mense che permette di fare un servizio e di crescere nella familiarità con i poveri, educando le comunità. In Via Adua si preparano i pasti che vengono poi distribuiti nelle mense diffuse delle parrocchie di San Maurizio, Santo Stefano, S. Paolo, Preziosissimo Sangue e Pieve Modolena in città e in quella diocesana in via aeronautica; mentre continua l’attività quotidiana nella centralissima Mensa del Vescovo.

Parallelamente alla creazione delle mense diffuse la medesima intuizione è stata sperimentata anche sulle strutture di accoglienza passando da un dormitorio a tre locande di accoglienza: San Francesco, Don Luigi Guglielmi e Bruna e Dante. Le Locande sono innanzitutto un luogo abitato, non solamente un posto dove si dorme, sono luogo vivo dove si prende dimora, dove le persone accolte e le persone accoglienti si mescolano, fanno comunità e camminano insieme, in una parola si “compromettono”.

Non solo criticità locali ma anche risposte “internazionali”: la Caritas reggiana, attenta alla solidarietà internazionale già dalla crisi nei Balcani di fine anni 80 fino al Rwanda post genocidio, è stata tra le prime realtà che, insieme alle istituzioni, ha gestito e coordinato l’emergenza profughi legata alla guerra ancora in corso in Ucraina, oltre a partecipare all’invio di volontari, beni e generi di prima necessità al confine ucraino dove avviene ancora oggi la prima accoglienza di chi scappa dal conflitto.

“La nostra storia è una bella storia, una storia buona – dichiara Andrea Gollini – e, proprio per questo, come direttore ad interim sento una grande responsabilità; questa storia ci richiama tutti a lavorare sempre più e sempre meglio per il Bene, non il nostro privato ma il bene della Chiesa e delle persone in difficoltà nel nostro territorio e nel mondo.

Guardando al futuro non posso non vedere come le direttrici che ci vedono impegnati discendono direttamente dalla nostra storia in particolare mi sento di evidenziarne alcune: il passaggio da un paradigma di aiuto prestazionale a uno relazionale dove al centro ci sono le persone in difficoltà e le comunità; il desiderio di intensificare l’azione di accompagnamento delle Caritas parrocchiali, in una prospettiva di maggiore condivisione con gli altri uffici pastorali della Diocesi; la scelta dell’ospedale da campo come modello organizzativo della nostra Caritas, con il conseguente spostamento verso le categorie maggiormente fragili in particolare le persone senza dimora.

Il tempo difficile e complesso che stiamo vivendo, ci richiama a creare alleanze e condividere il nostro percorso con altri soggetti, penso in particolare all’Associazione Nuovamente, all’Associazione Querce di Mamre e alla Cooperativa S. Giovanni Bosco, ma anche a tutti i soggetti del territorio disponibili a costruire comunità più giuste e solidali.

Come augurio per questi 45 anni vorrei riprendere il sogno di don Gigi, quale auspicio per una Caritas che non si chiude su sé stessa ma rimane capace di animare e coinvolgere singoli e comunità:

“Premetto che non sono un sostenitore a tutti i costi della Caritas come istituzione, anche se ne vedo l’urgenza e l’utilità; ho avuto occasione di dire in altra sede che la Caritas parrocchiale non solo non è obbligatoria, ma che anzi, c’è da augurarsi che, passando il tempo, se ne possa fare a meno: sarebbe il segno che tutte le comunità, avendone colto le istanze, si sono messe a praticarla come la cosa più ovvia del loro essere Chiesa, senza aver bisogno di una struttura particolare”.

 

















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