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Patto stabilità: le consguenze negative per imprese e occupazione

patto_stabilita_reggioLe misure restrittive imposte ai Comuni italiani – compresi quelli virtuosi e tra questi il Comune di Reggio – dal Patto di stabilità faranno presto sentire i loro effetti sulla già sofferente economia locale. Il quadro della situazione è stato illustrato oggi dal vicesindaco e assessore al Bilancio, Liana Barbati; dal direttore generale del Comune di Reggio, Mauro Bonaretti e dalla dirigente del Servizio finanziario del Comune, Monica Prandi.

SITUAZIONE DA QUI AL PROSSIMO AUTUNNO – Si prevede che il Comune di Reggio raggiungerà il tetto di pagamenti fissato in circa 35 milioni di euro – destinati soprattutto alle aziende appaltatrici che hanno realizzato lavori dal 2009 in poi – entro il prossimo ottobre. Oggi è stata superata quota 25 milioni, con una cadenza media di circa tre milioni al mese. Da inizio autunno si rischia dunque il blocco delle attività, ma soprattutto la paralisi degli investimenti comunali, sia quelli in corso nel programma 2009, sia quelli futuri. Invariate le condizioni attuali, per il Comune di Reggio nei prossimi tre anni le vigenti regole del Patto prevedono dei limiti medi ai pagamenti pari a circa 30 milioni l’anno (aumentati di 5 milioni con le modifiche apportate dal recente decreto legge 78 “anticrisi” per il solo 2009).

“Questo avviene – ha sottolineato il vicesindaco Barbati – non per mancanza di programmazione e risorse, dato che in cassa vi sono circa 70 milioni, ma per l’impossibilità di pagare gli interventi realizzati a causa del limite imposto dal Patto di stabilità. Parliamo di un patto, ma il termine è improprio, perché un patto è un accordo fra due o più parti. In questo caso, non si è concordato nulla: siamo invece di fronte all’imposizione i regole del tutto indebite per i Comuni con i conti a posto e con risorse adeguate per gli investimenti. Questo non è un patto, ma un’ingiustizia, un atto ipocrita, una truffa, un cappio al collo per i Comuni virtuosi, che invece andrebbero rispettati: sono parole usate anche da sindaci leghisti, che protestano come noi. Intanto si parla di federalismo in Italia. Ebbene, ditemi voi se questo è federalismo… ”.

“Stiamo lavorando a una soluzione – ha aggiunto Barbati – con l’assessore allo Sviluppo economico Grasselli. Convocheremo il Tavolo delle imprese, per confrontarci. Come Comune abbiamo inoltre obblighi ben precisi verso la comunità: garantire la politica sociale, la qualità dei servizi e i sostegni alle famiglie”.

DANNI PER ECONOMIA E OCCUPAZIONE – Le norme del Patto diminuiscono di fatto di quasi il 50 per cento la capacità di pagamento del Comune di Reggio rispetto alla media storica che è di oltre 56 milioni l’anno e ostacolano il pagamento dei circa 120 milioni da pagare nei prossimi mesi-anni per opere oggi in corso. Si può quindi stimare che le regole del Patto di stabilità, oltre a fermare i nuovi investimenti previsti, rischiano di bloccare o sospendere oltre il 50 per cento dei lavori già finanziati. Una situazione gravemente penalizzante per il Comune e ancor più per le imprese e l’occupazione, già provate da una pesante situazione di crisi: bloccare le erogazioni dei Comuni e degli altri enti locali significa bloccare le principali risorse (l’80 per cento) destinate a investimenti pubblici. Il meccanismo delineato genera quindi danni all’economia locale, con imprese senza garanzie sui tempi di pagamento e una diminuzione complessiva delle opere pubbliche sul territorio. Questo aspetto è ancora più grave nell’attuale momento di crisi economica in quanto le risorse bloccate sono proprio quelle che potrebbero essere immediatamente spese.

IL RAPPORTO DEBITO-PIL NON C’ENTRA – “E’ noto – ha detto il direttore Bonaretti – a chiunque conosca la contabilità pubblica che non è certo il rapporto debito-Pil il parametro al quale sono agganciati gli indicatori di rispetto del Patto per i singoli Comuni. Nella recente versione del 2008 il controllo del rispetto è sostanzialmente collegato all’andamento dei flussi di cassa degli investimenti, rispetto a un casuale anno di riferimento, nella fattispecie il 2007. Prova è di questa divergenza il fatto che il nostro Comune nel periodo 2005-2008 ha ridotto del 24% il rapporto debito-Pil, ma senza che questo abbia alcun valore rispetto agli indicatori utilizzati per la verifica del Patto. Semplicemente si valutano i flussi di cassa. Non altro”. E riguardo alla programmazione degli investimenti, Bonaretti ha precisato che “i lavori che oggi sono in pagamento sono stati programmati ben prima dell’entrata in vigore della nuova normativa sul patto, erano perfettamente in linea con l’allora vigente normativa ed erano finanziati non con l’aumento del debito, ma con la cessione delle quote di Enia. Dove sarebbe l’assenza di programmazione? La situazione ha assunto aspetti paradossali da giugno dell’anno scorso ad oggi in quanto le modifiche normative sono state quasi mensili”. Non a caro, ha ricordato Bonaretti, la Corte dei Conti della Lombardia ha già presentato ricorso alla Corte Costituzionale. Ancora riguardo alla programmazione, la dirigente Prandi ha ricordato fra l’altro come “grazie anche alla programmazione degli investimenti e alle relative risorse, il Comune di Reggio ha sempre onorato i pagamenti con puntualità, con tempi spesso inferiori alla media nazionale”.

PENALITÀ – Trasgredire al Patto, inoltre, significa per i Comuni incorrere in ulteriori gravi conseguenze come il taglio del 5 per cento del contributo ordinario dovuto dal ministero dell’Interno per l’anno successivo (pari a più di 1.000.000 di euro); il limite all’impegno delle spese correnti in misura non superiore all’importo annuale minimo degli impegni effettuati nell’ultimo triennio (significa quindi nonostante l’aumento delle esigenze riportare la risposta ai bisogni della popolazione ai livelli del 2006); il divieto di ricorrere all’indebitamento; il divieto di assunzione a qualsiasi titolo, tipologia di contratto anche in riferimento ai processi di stabilizzazione e la riduzione del 30 per cento d’indennità e gettoni per gli amministratori.

NOVITÀ NORMATIVE – Il maxi emendamento al Dl “anticrisi” ha sbloccato una minima parte (4 per cento) dei 110 milioni di opere in corso con un beneficio di circa 5 milioni di pagamenti effettuabili, nonostante le richieste delle associazioni dei Comuni di portare almeno al 10 per cento questa quota. La situazione del Comune di Reggio non è certo risolta con questa modifica normativa. E’ stata attribuita inoltre una responsabilità diretta ai funzionari degli Enti circa la garanzia di provvedere al pagamento nei tempi contrattuali dei nuovi investimenti , condizione impedita da una normativa sul patto di stabilità che penalizza i pagamenti dell’ente come sopra descritto ed in costante evoluzione quindi con una difficoltà di programmazione sul medio periodo.

LA MODIFICA DELLA BASE DI CALCOLO – Come si è giunti a questo punto? La modifica della base di calcolo è passata dalla media triennale 2003-2005 ai risultati a consuntivo del 2007 calcolati in termini di competenza mista. Questo comporta effetti potenzialmente molto distorsivi in quanto gli enti che sono stati più efficaci nella gestione delle entrate si trovano nella situazione assurda di avere una buona gestione di Tesoreria e di cassa, ma al contempo di non poter pagare le opere e gli investimenti già finanziati (rischiando di pagare onerosi interessi di ritardato pagamento) per poter rispettare il Patto di stabilità, e ancor di più, bloccare i nuovi investimenti.

Di fatto, con tale manovra, lo Stato “espropria” gli enti locali che hanno avuto risultati positivi della possibilità di utilizzare le maggiori entrate realizzate, obbligandoli a non poter utilizzare tali risorse per investimenti già programmati, in una logica opposta a quella di sviluppare l’autonomia finanziaria degli enti locali.

Il Comune di Reggio Emilia, che si trova in questa situazione, è tra quelli più penalizzati in termini di possibilità di attivare nuovi investimenti e soprattutto per garantire le scadenze di pagamento delle opere già attivate.

L’ANCI – Il Comune di Reggio sostiene le proposte fatte dall’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) per la modifica di un sistema così penalizzante ed incongruo soprattutto per la situazione attuale di crisi generale dell’economia, che necessita di manovre anticrisi e non certo di vincoli che bloccano le potenzialità esistenti e l’autonomia degli enti locali.
















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