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Giornata Mondiale dell’Infermiere: quattro storie di assistenza e cura dagli ospedali modenesi

Dal Policlinico e da Baggiovara le testimonianze di Silvia, Tonino, Anna Maria e Stefania, che offrono le proprie competenze in ambiti molto diversi. Raccolte le loro voci in un video che verrà pubblicato nelle prossime ore sui social

Da sinistra a destra, in alto: Anna Maria Macca, Stefania Stefano. In basso: Silvia Cassanelli, Tonino Lirangi

Venerdì 12 maggio ricorre la Giornata Mondiale dell’Infermiere. La data è relativa alla nascita, nel 1820, di Florence Nightingale, fondatrice delle scienze infermieristiche moderne. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, che annovera tra le proprie fila circa 2000 infermieri distribuiti nelle strutture sanitarie del Policlinico e di Baggiovara, celebra questa occasione dando voce a quattro professionisti provenienti da ambiti diversi, ma uniti dalla passione per la professione e dal comune intento di essere utile per chi ha bisogno.

Ecco quindi che sono state raccolte delle testimonianze video che da domani saranno disponibili sul canale Youtube aziendale e accessibili dagli altri social dell’AOU. Sono quelle di Silvia Cassanelli,  38 anni di Formigine, infermiera Case Manager nel reparto di PARE (Post Acuzie Riabilitazione Estensiva) dell’ospedale di Baggiovara; Tonino Lirangi, 26 anni, modenese di adozione e cosentino di nascita, impegnato nel reparto di Chirurgia dei Trapianti; Anna Maria Macca, 56 anni di Modena, Case Manager del PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) testa, collo e polmone al Dipartimento Day Hospital del COM (Centro Oncologico Modenese); infine Stefania Stefano, 42 anni di Montale Rangone, infermiera strumentista del blocco tecnologico di Baggiovara, operativa nella Sala Ibrida.

Le loro parole per presentare loro stessi e la professione scelta.

 

Silvia Cassanelli

Il mio ruolo nell’ambito del reparto in cui lavoro consiste nell’essere il punto di riferimento delle varie professioni che ruotano attorno a un malato complesso pluri patologico e di tenere il contatto con il territorio: gli assistenti sociali e gli infermieri territoriali dei vari distretti della provincia e talvolta anche oltre. Il mio compito sta nell’essere disponibile per chi ha bisogno di informazioni che possono essere i pazienti ma anche i colleghi dei distretti di provenienza, i quali necessitano di capire le complessità legate a chi si ha in cura. Queste possono cambiare nel verificarsi di un evento acuto in cui il grado di autonomia si modifica e quindi c’è bisogno di una tipologia di assistenza diversa da quella precedente. Tutti i servizi del caso devono essere attivati e serve quindi una certa connessione tra ospedale e territorio, senza interrompere la continuità assistenziale. Anche i familiari avranno bisogno di risposte e queste posso fornirle io in collaborazione con medico, fisioterapista e servizi territoriali.

Ho scelto la professione infermieristica, volevo che il mio lavoro coincidesse con il mio bisogno di essere utile e potesse fornire una risposta ai chi chiede aiuto. Volevo fare qualcosa di importante nella mia vita, che il lavoro non fosse legato soltanto a un bisogno economico. Consiglio a chi si approccia a questa professione di mettere sempre al centro la necessità della persona, di rivolgere lo sguardo verso chi chiede aiuto.

 

Tonino Lirangi

Mi occupo della presa in carico del paziente trapiantato, il quale arriva nel nostro reparto dopo una fase preoperatoria e viene seguito da noi in tutto il suo percorso prima di screening e di studio, per essere messo in lista, in attesa di ricevere il fegato. Successivamente c’è una fase di chiamata del paziente dopo l’inserimento in lista e una preparazione preoperatoria. Il Policlinico di Modena può vantare un’attrezzatura d’avanguardia, come per esempio il robot Da Vinci, che ci permette successivamente di ridurre le complicanze post operatorie e di utilizzare manovre molto meno invasive rispetto a quelle legate a una strumentazione tradizionale. Quando il paziente esce dall’osservazione in terapia intensiva, viene accolto da noi in reparto verso il percorso successivo, il quale a prescindere dalla sua durata ci vede impegnati in un livello alto e costante di assistenza, in cui è fondamentale la qualità di cura in un assistito solitamente vulnerabile e debole.

Ho scelto di essere un infermiere per una storia personale di assistenza, di quando ero bambino. L’ambito medico è sempre stato per me fonte di attrazione, poi nel crescere mi sono accorto che la medicina prevedeva anche l’assistenza e la presa in carico del paziente, ciò mi ha portato verso la scelta della professione infermieristica. Penso che tutta l’equipe medica, infermieristica e quanto si trova attorno serve a dare la giusta assistenza al paziente. Per me rappresenta un motivo di orgoglio e di vanto aiutare altre persone in difficoltà verso la loro ripresa.

 

Anna Maria Macca

La figura del Case Manager negli ultimi anni ha preso molto piede per la sua importanza nei PDTA di tutti i trattamenti diagnostici e terapeutici di tutti i percorsi, un riferimento nel seguire il paziente dall’inizio della diagnosi allo screening. Il mio è un mestiere che aiuta a tenere la mente aperta, stimolata alla crescita e all’apprendimento.

Sono 33 anni che ho scelto questa professione e lavoro nel centro oncologico. Qualcuno potrebbe chiedermi il perché dopo tutto questo tempo mi trovo ancora lì. Quando sono arrivata ero giovane, erano aperti questi bandi e allora ho partecipato, arrivando direttamente dalla Scuola Infermieri. Man mano poi ho scoperto che era il mio mestiere, se tornassi indietro rifarei tutto perché non rinnego alcune delle scelte fatte nel tempo. Il mio è un lavoro che aiuta a tenere la mente aperta, sollecitata alla crescita e all’apprendimento. Non mi soffermo mai su una singola terapia, per questo consiglio ai giovani di coltivare sempre nuovi stimoli e di crescere professionalmente. Il paziente sa avvertire se di fronte c’è una persona preparata anche da un punto di vista umano, si sente maggiormente protetto e sicuro. 

 

Stefania Stefano

Mi occupo prevalentemente di chirurgia vascolare. Ho avuto la fortuna di assistere al passaggio dalle sale operatorie tradizionali alla Sala Ibrida, partecipando alla sua nascita. Il ruolo dell’infermiere all’interno della equipe di Sala Ibrida è fondamentale, si deve occupare di coordinare le equipe multidisciplinari che afferiscono al suo interno: chirurghi, anestesisti, altri infermieri di sala, tecnici di radiologia. Importanti sono la competenza e la consapevolezza, che si acquisiscono con una formazione adeguata residenziale e sul campo.

Ho scelto questa professione perché ho sempre avvertito il bisogno di aiutare gli altri. La considero un lavoro altamente specializzato. La formazione è importantissima, acquisire le competenze specifiche altrettanto, è un professione fondamentale nell’aiuto del paziente. Abbiamo un ruolo importantissimo lungo il percorso di degenza, nel mio caso in particolare in sala operatoria. Consiglio a chi si approccia a questo mestiere di farlo capendo l’importanza della professione.

 

 

















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