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Legambiente presenta Pendolaria 2022

Una situazione di incertezza quella in cui si trova, da quasi due anni, il sistema dei trasporti ferroviari in Italia, aggravata dalle limitazioni imposte dalla pandemia del Covid-19 con disagi dovuti al sovraffollamento dei treni e ai tagli al servizio per la malattia del personale. Ma anche un anno in cui si è tornato a parlare di investimenti e riforme, grazie alla visione di Next Generation EU e alle ingenti risorse previste dal Recovery Plan – approvato dal governo Draghi – per le infrastrutture ferroviarie e il sistema della mobilità, da realizzare entro il 2026. In generale, nel 2021, i passeggeri in circolazione si sono ridotti su tutti i treni, dell’alta velocità e Intercity (fino a -40%), a quelli regionali (-45%). Tanti i disagi che hanno vissuto i pendolari e gli studenti, per autobus e treni sovraffollati.

Segnale positivo, come nel precedente dossier, per il rinnovo del parco dei treni circolanti: nel 2021 sono arrivati 105 nuovi treni che si aggiungono ai 757 già immessi sulla rete ferroviaria. Sono poi 46 le buone pratiche in tutta Italia segnalate nel rapporto, che raccontano la voglia degli italiani di lasciare a casa l’auto. Questa l’istantanea scattata dal Rapporto Pendolaria 2022 di Legambiente, presentato questa mattina in diretta streaming su La Nuova Ecologia e sui social di Legambiente, nell’ambito della campagna itinerante Clean Cities.

Le risorse del PNRR: La missione 3 “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, prevede 26 miliardi di euro per il trasporto ferroviario, con interventi da realizzare entro il 2026. Complessivamente sono in cantiere o finanziati 797 chilometri di nuove linee ad alta velocità, interventi di potenziamento di collegamenti trasversali, senza dimenticare l’elettrificazione della rete e l’installazione di sistemi di controllo della sicurezza su 1.635 km di rete, che porterà la percentuale di elettrificazione in Italia dal 69,5 al 77,8%. 

I ritardi da recuperare: Sono le città il cuore dei problemi della mobilità in Italia per i ritardi di infrastrutture rispetto agli altri Paesi europei, che si sono ampliati in questi anni. In Italia ci sono 248 km di metro, meno della città di Madrid (291 km). Purtroppo, nel 2019 e 2020, in Italia, non è stato inaugurato neanche un tratto di linee metropolitane e nel 2021 soli 1,7 km. Negli ultimi quattro anni abbiamo viaggiato a un ritmo di meno di 600 metri all’anno di nuove metro, lontanissimo da quanto avremmo bisogno per recuperare i problemi. Per le tranvie nessun chilometro è stato inaugurato nel 2020 e 2021, mentre 5 km erano stati inaugurati nel 2019 e 5,5 nel 2018. Negli ultimi vent’anni il nostro Paese ha continuato a investire in strade e autostrade, intercettando dal 2002 al 2019 il 60% degli investimenti. Emblematici i dati del Conto nazionale trasporti per gli interventi realizzati dal 2010 al 2019: 309 km di autostrade, 2.449 km di strade nazionali, a fronte di 91,1 chilometri di metropolitane e 63,4 km di tram.

 

La fotografia in Emilia-Romagna

La nuova programmazione 2022-2025 per la mobilità sostenibile in Emilia-Romagna appena approvato si propone di guardare alla transizione ecologica, con investimenti per 3,6 miliardi di euro nei prossimi tre anni per interventi su tre assi strategici: trasporto pubblico, mobilità elettrica e ciclopedonale, logistica e merci su ferro. Tra le note positive sono da annoverare l’elettrificazione della rete regionale per renderla completamente a zero emissioni, il completamento del ricambio del parco mezzi circolante con treni più ecologici e sicuri, e l’obiettivo di raggiungere almeno il 30% della movimentazione di merci su ferro.

Nonostante ciò, in Emilia-Romagna il sistema della mobilità attuale amplifica i problemi di grave inquinamento dell’aria, impatta sul clima e – con continui progetti stradali – aggrava il consumo di suolo e la frammentazione della biodiversità. Come già più volte sottolineato da Legambiente, occorre una strategia di radicale trasformazione che riduca le auto in circolazione ed evolva sempre di più verso una mobilità a basso impatto.

Il nodo di Bologna rappresenta il cuore del sistema ferroviario italiano, da cui si diramano linee verso le principali direttrici con flussi nazionali e locali. Questa rete va considerata quindi come risorsa da valorizzare per il servizio ferroviario pendolare e può diventare il perno di un sistema di mobilità su cui costruire le scelte urbanistiche, di servizi e di attività nel territorio provinciale.

Le risorse economiche ci sono: si possono recuperare dai sussidi all’autotrasporto, dagli introiti delle autostrade, dalla cancellazione di investimenti sbagliati, a cominciare dall’allargamento del Passante di Bologna: un’opera nemica del clima, in contrasto con le sfide da affrontare oltre che un’infrastruttura non coerente con la strategia dichiarata nel PUMS di riduzione del traffico dei veicoli a motore.

Tra le opere strategiche che guardano alla mobilità sostenibile in Emilia-Romagna, un’indiscussa priorità va quindi data al completamento del nodo del trasporto pubblico di Bologna, un disegno fatto da due sistemi tra loro integrati: il tram e il Sistema Ferroviario Metropolitano (SFM). Riguardo l’SFM il progetto è in estremo ritardo, poiché doveva essere completato nel 2011. Sintomo di questo ritardo è il grande sottodimensionamento della linea Porrettana e la mancata connessione di importanti poli attrattori come CNR, Bologna Fiere, Caab, Regione. Le nuove linee di tram, di cui la prima già finanziata, dovranno completare il disegno metropolitano con reti veloci e ad alta capienza all’interno della città.

“Riteniamo che il completamento e il potenziamento del SFM si debba realizzare nell’arco di due anni per offrire all’area bolognese, dopo diversi anni di ritardo, un’efficiente metropolitana di superficie in grado di garantire la frequenza dei convogli ai 15 minuti negli orari di punta e non oltre i 30 minuti negli orari di morbida, ampliando il servizio nell’orario notturno” – dichiara Legambiente.

Come accennato, altra priorità individuata da Legambiente è l’urgenza di potenziare e garantire l’efficienza della cosiddetta “Porrettana – cioè la linea ferroviaria Bologna-Pistoia – una delle prime linee ferroviarie del Paese e con un passato prestigioso alle spalle, che è ora ridotta ad un fantasma di sé stessa. Per promuovere la sua valorizzazione e porre fine ai disfunzionamenti e ai disagi conseguenti per studenti e lavoratori, Legambiente lancia oggi la petizione disponibile a questo link.

Un’occasione per fare luce su una situazione critica che dal 2011 ha visto una costante ed estrema riduzione delle corse giornaliere nella tratta Pistoia-Porretta, a cui non è mai conseguita una riorganizzazione del servizio con orari adeguati alle esigenze degli utenti. Inoltre, il collegamento diretto Bologna-Pistoia non esiste più da anni, con il risultato che per andare, ad esempio, dal capoluogo emiliano a Viareggio si è costretti a passare da Firenze e Pisa.

Come se non bastasse, un lungo tratto della linea che cade in provincia di Bologna è gestito dalle ferrovie toscane, che da anni chiudono Pistoia-Porretta in agosto per lavori con tempi ogni anno più lunghi (quasi due mesi nel 2021).

In definitiva, Legambiente chiede di sostenere il rilancio della linea Bologna-Pistoia perché essa rappresenta una zona potenzialmente ricchissima per il turismo escursionistico, enogastronomico e culturale, oltre che un’area dove sempre più giovani decidono di insediarsi, alla ricerca di uno stile di vita più sostenibile e diverso da quello urbano.

 

Leggi le richieste di Legambiente e firma la petizione.  Consulta di Report 2022 integrale e la videoscheda

 

















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