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Il presidente di Confindustria Emilia, Valter Caiumi sull’emergenza Covid-19

Abbiamo vissuto sulla nostra pelle in queste ultime due settimane l’affaticamento delle strutture sanitarie pubbliche conseguente all’innalzamento rapidissimo dei contagi, con modalità, regole e ritmi diversi nelle tre province di Bologna Modena e Ferrara.

Ci troviamo oggi, all’inizio di questo nuovo anno, in attesa della imminente e pressoché totale ripartenza delle attività produttive, a pieno regime dalla prossima settimana, con il rischio sempre più concreto di vedere intrappolate nelle proprie abitazioni migliaia di persone, che godono di un ottimo stato di salute, ma che restano bloccate in attesa di prenotazione, effettuazione del tampone, tempi di attesa per la diagnosi e lettere liberatorie: percorsi infiniti di fine quarantena.

Era già necessaria una presa di posizione in questi giorni anche dalla nostra Regione, per recepire rapidamente e con effetto immediato i provvedimenti nazionali, sulla stregua di quanto fatto da altre regioni, consentendo, da subito il ricorso alle strutture private che bilancerebbe in parte, il collasso della risposta pubblica, riconoscendo la validità   di test antigenici e molecolari in strutture private, per la valutazione del termine dell’isolamento di un caso confermato Covid-19.

Non è pensabile che il ricorso al supporto delle strutture private resti confinato, come avvenuto lo scorso 29 dicembre, alla sola entrata nella quarantena. Ci riferiamo, in particolar modo alla circolare diretta alle strutture sanitarie, in cui la Regione Emilia-Romagna recepisce, recuperandola, con quasi un anno di ritardo, la direttiva del Ministero della Salute (n. 705-08/01/2021) per far fronte all’attuale fase pandemica.

Come imprenditori esprimiamo preoccupazione e chiediamo di liberare migliaia di persone e famiglie da questo calvario burocratico che è il primo freno inibitore a tutte le politiche di prevenzione che le imprese stanno continuando ad adottare per contribuire alla sicurezza dei luoghi di lavoro, e non solo naturalmente.

Siamo testimoni del fatto che, complice la frammentazione e il costante aggiornamento delle comunicazioni agli operatori, ad oggi vi siano, tra coloro che risultano ancora in quarantena, migliaia di individui che non vengono sottoposti a tamponi in tempi rapidi ma rimangono relegati ad un regime di isolamento protratto in conseguenza del carico di lavoro e di un modello, ormai ingestibile, che grava sulle strutture pubbliche.

Tutto questo rischia di bloccare l’operatività delle imprese, certamente non stimola le attività di prevenzione individuali, ma soprattutto rischia di compromettere il buon esito delle campagne di screening aziendali, che iniziano la settimana prossima.

Tutto ciò è del tutto inaccettabile.

















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