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Confcommercio Reggio: “La ripresa corre per recuperare i livelli prepandemia che ancora scontavano la crisi finanziaria del 2008”

«Il terziario reggiano segna una ripresa: corriamo, ma per recuperare nel 2022 i livelli prepandemici del 2019, quando ancora non avevamo recuperato i livelli di prodotto procapite del 2007». E’ questo il commento del presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia Reggio Emilia, Davide Massarini, ai dati che emergono da un sondaggio svolto tra gli associati di tutta la provincia nei primissimi giorni di novembre e riguardante la congiuntura economica per commercio, turismo e servizi al 31 ottobre.

Il 35% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio ha chiuso ottobre con un aumento dal 10% al 50% mentre il 41% è rimasto in linea con lo scorso anno e il 24% segna un calo tra -10% e -50%: «Dati non del tutto confortanti se consideriamo che il confronto è sull’anno 2020 sul quale ha pesato il Covid», commenta Davide Massarini. Allargando al consuntivo per il bimestre settembre-ottobre esso si presenta in linea con lo scorso anno per il 28% delle imprese; per il 38% di esse è in aumento dal 10% al 50% mentre per il restante 34% vi sono cali dal -10% al -70%.

Le aspettative del volume d’affari per il bimestre novembre-dicembre 2021 rispetto al 2020 sono in calo per il 30% delle imprese, stabili per il 46% e in aumento per il 24% di esse.

Escludendo il 75% delle attività che non è alla ricerca di personale più della metà di quelle che invece ne stanno cercando (pari al 14% sul totale delle imprese che hanno partecipato al sondaggio) dichiara di aver difficoltà nel reperire personale. Queste difficoltà sono riscontrate, in particolare, nei settori servizi e professioni, agenti di commercio, ristorazione.

Il 63% delle imprese intervistate dichiara poi di non aver avuto bisogno di finanziamenti. Delle rimanenti il 25% segnala di non aver avuto difficoltà nell’ottenerli e il restante 12% di averne riscontrate.

Difficoltà ci sono nella fornitura: il 50% delle imprese dichiara difficoltà nel reperire prodotti da loro commercializzati e il 90% sarà costretto ad aumentare i prezzi a causa degli aumenti nei listini della filiera causati dell’aumento dei costi energetici e altri che sta caratterizzando questi ultimi mesi.

Il 70% degli imprenditori che hanno risposto al sondaggio si sente al sicuro nel quartiere o nell’area in cui svolge la propria attività mentre il 30% no.

Certamente interessante, poi, è che il 55% delle attività ha tra la propria clientela fidelizzata persone non residenti nel quartiere o nel Comune dove opera.

Quanto al digitale, infine, il 49% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio gestisce personalmente la sua presenza online, il 9% l’ha affidata a una agenzia, il 30% non ha presenza digitale e il 12% opta per una soluzione mista tra lavoro personale e agenzia. Il 10% degli associati intervistati dichiara poi che la presenza sul digitale ha aumentato il proprio volume di affari, mentre per il 33% l’incidenza c’è ma è marginale. Per il 3%, invece, il 50% del proprio business oggi è on-line.

«La crescita dei prezzi e la mancanza di prodotti -conclude Davide Massarini- pesa sulle prospettive dell’economia locale che affronta la sfida della crescita in un contesto nel quale non mancano le incognite. Non si possono escludere effetti depressivi sui consumi dovuti alla perdita di potere d’acquisto dei redditi correnti e della ricchezza detenuta in forma liquida. L’inflazione sugli acquisti in alta frequenza, tra cui alimentari, affitti e carburanti, che impatta maggiormente sulle aspettative e sui comportamenti delle famiglie, passa infatti dal 2,6% tendenziale di settembre al 3,2% di ottobre. I rischi inflazionistici richiedono la massima attenzione, perché, al di là delle perdite di potere d’acquisto che frenerebbero i consumi, eventuali cambiamenti dell’orientamento della politica monetaria, fin qui giustamente flessibile, avrebbero effetti davvero rilevanti. Soprattutto con un debito elevato».

















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