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Servizio di inserimento lavorativo del Comune di Modena: 274 le persone attualmente seguite

Azienda tessile (autore e copyright immagine: Brancolini Roberto)

Sono 274 le persone attualmente seguite dall’equipe del Servizio di inserimento lavorativo del Comune che dal 2018, anno di nascita del servizio, ha trattato 1.132 progetti e attivato 955 percorsi; 128 le persone che hanno trovato un lavoro. Ma gli interventi sono innanzitutto propedeutici a trovare un lavoro e queste persone, anche laddove non riescono a ottenere un’occupazione stabile nella durata del progetto, vedono arricchita “la loro cassetta degli attrezzi” e hanno opportunità per migliorare la loro condizione personale e famigliare.

È quanto ha sottolineato l’assessora alle Politiche sociali Roberta Pinelli rispondendo all’interrogazione di Piergiulio Giacobazzi di Forza Italia. L’istanza chiedeva in particolare “come operi il Servizio Inserimento Lavorativo curato dal Comune e come ne giudichi i risultati ed i livelli di efficienza ed efficacia; quante persone siano state prese in carico e quante abbiamo trovato lavoro stabilmente; quante siano attualmente seguite suddivise per sesso, fascia di età e nazionalità); quanto duri, in media, il percorso e quali le caratteristiche e i costi sostenuti dal Comune; quali le modalità di assegnazione percorso/beneficiario e quale il monitoraggio sui percorsi”.

L’assessora ha spiegato che, attraverso un contratto di appalto, il Comune realizza il servizio, gestito dal Consorzio di solidarietà sociale, per l’attivazione di progetti a favore di cittadini che, per condizione di disabilità o scarse autonomie e capacità, sono lontani dal mondo del lavoro. Si tratta di persone che non hanno le competenze relazionali, professionali e tecniche per inserirsi in un contesto produttivo; “si lavora quindi affinché raggiungano le condizioni per rientrare nelle misure previste dalla “Disciplina a sostegno dell’inserimento lavorativo e dell’inclusione sociale delle persone in condizione di fragilità e vulnerabilità, attraverso l’integrazione tra servizi pubblici del lavoro, sociali e sanitari”. L’attuazione, finanziata con risorse del Fondo sociale europeo, è in capo a enti di formazione selezionati attraverso bandi regionali. I servizi sociali di ciascun distretto, con i servizi sanitari e il Centro per l’impiego, predispongono il Pit Piano integrato territoriale delle misure di politica attiva per il lavoro, che possono consistere in percorsi di orientamento, accompagnamento al lavoro, sostegno nei contesti lavorativi e formativi, formazione e certificazione delle competenze. Nel Pit vengono programmati anche interventi di natura sociale, erogati in denaro o servizi, attraverso cui sostenere i percorsi di inclusione sociale e avvicinamento al lavoro, per conciliare i tempi di vita con i tempi di cura e consentire il soddisfacimento di bisogni primari. In base a budget assegnato e al Pit, la Regione seleziona il soggetto che attiva le misure per i cittadini del distretto.

Per ogni beneficiario, una équipe multiprofessionale, costituita da operatori dei servizi per il lavoro, del sociale e della sanità, definisce un programma personalizzato di interventi, che combina azioni utili all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale e viene riportato in un Patto di servizio sottoscritto dall’utente.

“Il modello adottato – ha osservato Pinelli – parte da un approccio multidimensionale al problema della persona e vede intervenire diversi professionisti insieme all’interessato e alla famiglia. Anche quando i beneficiari non riescono a trovare un’occupazione stabile durante il percorso, che dura dagli 8 ai 15 mesi, il progetto consente però loro di migliorare la situazione personale e familiare, infatti la povertà è spesso connotata non solo da mancanza di occupazione, ma anche da fragilità sanitarie, scarse competenze, aspetti familiari come impegni di cura o legami conflittuali e contesti sociali deprivati”.

Le persone seguite attualmente sono 148 donne e 126 uomini di cui la maggior parte (177) nella fascia d’età 30-55anni e 135 di nazionalità italiana. Ai percorsi accedono i cittadini iscritti al Centro per l’impiego o in carico ai servizi sociali, con particolari criteri di fragilità. Da rilevare che la metà dei circa mille progetti sviluppati dal 2018 ad oggi sono stati all’interno dei programmi Rei/Res e attualmente del Reddito di Cittadinanza. Infine, oltre alla restituzione finale all’equipe da parte del soggetto gestore, durante il percorso la persona è seguita da un educatore professionale e tutti i servizi sono coinvolti nei momenti di verifica o di ridefinizione del progetto.

Nella replica il consigliere Giacobazzi ha rimarcato l’importanza del servizio che “dà la possibilità a persone che hanno difficoltà a trovare lavoro e che spesso hanno ulteriori fragilità, di trovare un sostegno economico e un modo di inserirsi nella collettività”. Però, ha rilevato ancora il consigliere, dai dati riportati emerge che “solo una persona su dieci tra quelle entrate nei percorsi ha ottenuto un lavoro. Una media che significa che i costi del progetto sono molto alti. Il problema – ha proseguito – non è solo lavorativo, ma anche sociale e spendere meglio questi soldi non sarebbe male ai fini del reinserimento sociale di queste persone”.

















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