domenica, 15 Dicembre 2024
16.1 C
Comune di Sassuolo
HomeCarpiUno studio epidemiologico sulla “demenza ad esordio giovanile”, ovvero prima dei 65...





Uno studio epidemiologico sulla “demenza ad esordio giovanile”, ovvero prima dei 65 anni

Uno studio epidemiologico sulla “demenza ad esordio giovanile” (EOD, Early Onset dementia), ovvero prima dei 65 anni, condotto da un team multidisciplinare di ricercatori Unimore e colleghi dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e dell’Ospedale di Carpi (Modena) rivela, per la prima volta, l’incidenza e le caratteristiche di questa patologia, che nella sola popolazione modenese risulta avere una frequenza di 74 casi ogni 100.000 abitanti. Lo studio, il primo a carattere epidemiologico sull’argomento, ha ricevuto l’attenzione dalla prestigiosa rivista statunitense “Alzheimer’s & Dementia: The Journal of Alzheimer’s Association”.

Uno studio di ricercatori Unimore e colleghi professionisti dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena e dell’Ospedale di Carpi (Modena) sfata la convinzione comune che il decadimento cognitivo, ovvero la demenza, sia una patologia presente solo tra la popolazione anziana over 65.

Una indagine condotta presso l’esteso network di servizi dedicati alla demenza nella provincia di Modena ha consentito di identificare nella popolazione di età compresa fra i 30 e i 64 anni della provincia di Modena 160 nuovi casi di “demenza giovanile” (EOD, Early onset dementia) fra gennaio 2016 e giugno 2019, corrispondenti ad una incidenza di 13 casi su 100.000 residenti per anno nella fascia di età 30-64 anni. L’insorgenza di questi nuovi casi ha portato il totale delle persone in provincia di Modena affette, alla data del 30 giugno 2019 da demenza esordita prima dei 65 anni, a 258, corrispondente ad una prevalenza di 74 casi su 100.000 nella fascia di età 30-64 anni.

La novità di questa ricerca epidemiologica, che rappresenta la prima analisi organica sulla diffusione delle diverse forme di demenza insorta prima dei 65 anni, è stata colta dalla prestigiosa rivista statunitense “Alzheimer’s & Dementia: The Journal of Alzheimer’s Association”, presso la quale è stato pubblicato l’articolo.

L’EOD, che comprende diverse forme cliniche quali varie manifestazioni della demenza di Alzheimer e della demenza frontotemporale, rappresenta un fenomeno drammatico sul piano personale, familiare e clinico, i cui fattori di rischio potrebbero essere distinti dalla demenza insorgente in età più avanzata e che potrebbe richiedere modalità preventive, diagnostiche e terapeutiche differenziate dalla “classica” e più comune forma di demenza ad esordio tardivo (LOD, Late onset dementia). Tale tipologia di decadimento cognitivo ha inevitabilmente una ricaduta sociale ed assistenziale diversa dalla demenza dell’età senile, andando a colpire una fascia di età in cui le persone sono ancora pienamente attive dal punto di vista sociale, lavorativo e genitoriale. I pazienti con demenza ad esordio precoce spesso presentano sintomi peculiari ed atipici che possono rendere più difficile una corretta e tempestiva diagnosi.

Lo studio ha pertanto dimostrato come la demenza ad esordio precoce colpisca un numero significativo di persone fra i 30 e 64 anni, chiarendo le caratteristiche epidemiologiche e la caratterizzazione clinica dei diversi tipi di EOD, e fornendo elementi utili per l’ottimizzazione dell’assistenza e dei servizi offerti a tali pazienti ed alle loro famiglie.

Secondo i dati raccolti dagli autori la forma più frequente di EOD è risultata essere la variante amnesica della demenza di Alzheimer (in cui prevale il disturbo di memoria), seguita dalla variante comportamentale della demenza frontotemporale (caratterizzata da disturbi del comportamento e cambiamento di personalità), e dalle varianti logopenica e semantica della afasia primaria progressiva (caratterizzate da disturbi del linguaggio).

Lo studio è stato realizzato grazie ad una stretta collaborazione di un team multidisciplinare composto da neurologi, neuropsicologi ed epidemiologi afferenti al Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze (BMN) di Unimore, alla Unità di Neurologia della Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, al Dipartimento di Cure primarie dell’Azienda USL di Modena e all’Unità di Neurologia dell’Ospedale di Carpi. Promosso dalla neurologa Dr.ssa Annalisa Chiari, responsabile dell’ambulatorio di Neurologia Cognitiva dell’Ospedale Civile di Baggiovara, che ne è il primo autore, è stato realizzato congiuntamente dai gruppi di ricerca coordinati dal Prof. Marco Vinceti, ordinario di Sanità Pubblica a Unimore, responsabile del centro di ricerca per Epidemiologia Ambientale, Genetica e Nutrizionale CREAGEN, e dalla Prof.ssa Giovanna Zamboni, associato in Neurologia di Unimore da pochi anni rientrata in Italia dopo un decennio trascorso presso l’Università di Oxford (Regno Unito).

Nello specifico, lo studio si inserisce nell’ambito del filone di ricerca attivo presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore, focalizzato sulle malattie neurodegenerative, in particolare sullo studio dei fattori eziopatogenetici, sui meccanismi alla base della variabilità clinica e sulle potenzialità predittive e preventive della demenza, e all’interno del “Progetto di Eccellenza 2018-2022” approvato e finanziato dal MIUR al dipartimento stesso a seguito del bando nazionale collegato alla Valutazione della Qualità della Ricerca 2011-14. La sua realizzazione è stata inoltre possibile grazie anche ad un finanziamento da parte di Airalzh ONLUS e Coop Italia.

“Questo studio – commenta la Professoressa Giovanna Zamboni di Unimore – mostra quanto siano effettivamente frequenti forme di demenza che troppo spesso sono state ignorate, ovvero quelle che colpiscono persone giovani ed ancora attive. Sapere quante persone ne siano colpite rappresenta il primo passo per aumentare consapevolezza fra i medici stessi, affinché le persone affette vengano più facilmente individuate ed indirizzate a servizi specifici di Neurologia Cognitiva, così da essere supportate al meglio ed in modo specifico. Inoltre, i pazienti con demenza giovanile e le loro famiglie hanno bisogni diversi da quelli degli anziani, hanno caratteristiche peculiari, e potenzialmente potrebbero beneficiare al meglio di nuovi farmaci in via di sperimentazione. Il nostro gruppo di ricerca di Neurologia Cognitiva sta studiando in modo approfondito i bisogni dei pazienti con demenza ad esordio precoce, così come le loro peculiari caratteristiche cliniche e meccanismi neurali. Ringraziamo di cuore tutti i pazienti ed i familiari che aiutano questo tipo di ricerca partecipandovi con entusiasmo e dedizione, e dimostrando una generosità nei confronti di tutte le persone affette, ora ed in futuro, che va ben oltre il loro singolo caso”.

“Si è trattato di una collaborazione – afferma il Professor Marco Vinceti di Unimore – particolarmente stretta e proficua tra gruppi di ricerca aventi competenze diverse, epidemiologiche e clinico-neurologiche, uniti nella realizzazione del Progetto di Eccellenza del nostro Dipartimento BMN ed in particolare della linea dedicata allo studio dell’epidemiologia, predizione, diagnosi precoce e terapia del decadimento cognitivo. Un’indagine di questo tipo potrebbe auspicabilmente favorire l’individuazione dei fattori di rischio ambientali e comportamentali delle diverse forme cliniche della demenza giovanile, qualora tali fattori causali siano diversi da quelli della più comune forma di demenza caratterizzante l’età avanzata, come molti ricercatori ipotizzano”.

“Questo studio sulle demenze ad esordio precoce – commenta il  Professor Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore – rende orgoglioso il nostro dipartimento, che ha nelle Neuroscienze una delle linee di ricerca e sviluppo maggiori, in quanto esalta molteplici elementi qualificanti della nostra politica della ricerca, l’efficace collaborazione tra gruppi con competenze diverse e complementari, sia universitari sia ospedalieri, la grande qualificazione scientifica dei ricercatori e l’innovatività della ricerca testimoniata dal prestigio della pubblicazione, il forte impatto sulla comunità medico-sanitaria nazionale e mondiale e l’immediata ricaduta assistenziale”.

















Ultime notizie