Il governo ha deciso di prorogare almeno fino al 13 aprile le disposizioni di chiusura delle attività non essenziali, oltre a tutte le altre restrizioni già previste, così come descritte nel Dpcm del 25 marzo scorso. L’intervento delle organizzazioni sindacali a livello nazionale ha reso possibile, attraverso un’analisi puntuale delle attività economiche, una definizione ancora più precisa delle realtà produttive da chiudere o contingentare, limitando i margini di autonomia da parte delle aziende. Ora però stiamo assistendo a livello territoriale, dato il ruolo assegnato dal governo alle prefetture competenti, ad una vera e propria esplosione di richieste di deroghe da parte di migliaia di aziende.
“A ieri – afferma Manuela Gozzi, segretaria generale della Cgil Modena – si contano già più di 4.300 comunicazioni alla prefettura da parte di imprese della provincia di Modena per continuare la propria attività già nei prossimi giorni. Questo numero ci preoccupa fortemente: negli ultimi giorni abbiamo già denunciato pubblicamente la prosecuzione di attività che a nostro parere non avrebbero dovuto procedere, e questi numeri ci confermano la bontà della nostra azione. Infatti registriamo nella nostra azione sindacale quotidiana le forzature interpretative da parte delle imprese (di ogni dimensione o natura scoietaria), che provano a rivendicare l’essenzialità della propria attività e, parallelamente, si sentono legittimate a restare aperte solo per aver fatto una sempice comunicazione agli enti preposti”.
A questo si aggiunge il tema relativo alle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro in queste imprese, dove è più difficile avere una verifica capillare del rispetto delle norme previste.
“Chiediamo – continua Manuela Gozzi – il rigido rispetto del protocollo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro firmato il 14 marzo da governo e parti sociali, senza questa certezza, le aziende non possono aprire e devono ricorrere agli ammortizzatori sociali. Aggiungo: il rispetto del protocollo farà parte della nostra azione rivendicativa anche e soprattutto nella fase post-emergenza. La corsa alla ripresa non può e non deve essere frenetica: abbiamo una responsabilità sociale ben più alta, dobbiamo tutelare su tutto la salute dei lavoratori e dei cittadini e far sì che il nostro territorio sia davvero pronto a rimettersi in moto, senza false partenze e senza spinte corporative. In questa fase, e soprattutto nel futuro, c’è bisogno più di ogni altra cosa di ridefinire le priorità: un nuovo modello di progresso economico e civile, che metta davvero le persone al centro.”