“La tempesta perfetta”. Antenore Cervi, presidente Cia-Agricoltori Italiani di Reggio Emilia, definisce così la difficile situazione che sta vivendo il settore suinicolo assediato da crisi, calo dei consumi, concorrenza spagnola, carente valorizzazione. La questione è stata al centro di un incontro con i soci che si è tenuto nelle scorse ore nella sede di via Trento e Trieste.
Partiamo dai numeri. Secondo il Crefis (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole), a febbraio la redditività degli allevatori ha continuato a peggiorare (-2,8% la variazione congiunturale), toccando il livello più basso da febbraio 2016. L’indice si è inoltre confermato al di sotto anche di quello dello stesso mese del 2018: -17%. Continua il periodo negativo anche dei prosciutti di Parma stagionati, che hanno toccato valori che non si riscontravano dal 2015/2016.
“Il prezzo della carne suina è ai minimi storici”, lancia l’allarme Cervi. E mette poi sul tavolo della discussione dati emblematici: “Un allevatore vede valorizzato il proprio suino per 1 euro e 15 centesimi al chilo. Siamo all’assurdo che in Germania un allevatore tedesco prende 1 euro e 22 al chilo. E questo con un animale molto più giovane (non più di 5 mesi), che pesa 100 chili e non 170 come il nostro, infine che non rispetta un disciplinare e viene quindi nutrito con una alimentazione composta non solo da cereali”.
Ma non è tutto. Cervi rimarca che i problemi sono molteplici: “Nel nostro Paese è in atto un importante calo dei consumi di carne suina. E, come se non bastasse, subiamo una forte concorrenza soprattutto dalla Spagna che in 15 anni ha raddoppiato la produzione da 20 a 40 milioni di capi. In Italia siamo stabili sui 12 milioni di suini, di cui circa 9 che rispettano il disciplinare di Parma e San Daniele. Sul nostro territorio siamo a quota 264mila”.
Il presidente Cia punta il dito contro la filiera: “In questo momento la filiera non riesce a valorizzare un prodotto Dop d’eccellenza come il suino pesante per la produzione dei prosciutti. Ma tutte le difficoltà sono scaricate sugli allevatori”. Entra nel dettaglio: “Non c’è un tema di sovrapproduzione, ma di strategia commerciale. Facciamo un esempio: la produzione del Parmigiano Reggiano viene controllata nel dettaglio. I piani produttivi dei Consorzi vengono invece fatti dai prosciuttai che, al limite, si danno delle quote per i posti disponibili dove appendere i prodotti. È evidente: c’è un enorme problema di organizzazione della filiera”.
Gli allevatori hanno scelto di “continuare a produrre puntando sulla qualità” e stanno investendo per migliorare il benessere animale. Ma, con questi prezzi, rischiano seriamente di vedere depauperato il loro patrimonio. È fondamentale che la situazione cambi velocemente”.
Come, è tutto da appurare. “C’è chi vede con speranza le disgrazie altrui – rivela il presidente Cia Reggio -. E la speranza sarebbe nella peste suina africana che sta causando pesanti conseguenze in Cina, dove per problemi sanitari è già stato abbattuto il 30% dei 450 milioni di suini allevati”. Cervi non crede però che possa essere questa la soluzione: “Noi dobbiamo puntare con sempre più forza sulla qualità e valorizzazione del nostro prodotto, in tutto il mondo. L’export ha un peso ancora troppo poco rilevante. È fondamentale lavorare sugli attori della filiera: mettere d’accordo allevatori, macellatori e stagionatori. Questa è la nostra sfida da vincere”.