712 famiglie aiutate, 2512 persone e 978 minori. Sono i numeri delle persone in difficoltà sostenute dai 7 empori solidali presenti sul territorio metropolitano – tre nel capoluogo (Case Zanardi), uno a Casalecchio di Reno dove ha sede quello dell’Unione dei Comuni Valli Reno Lavino Samoggia, uno a San Lazzaro di Savena, uno a Minerbio e uno a Imola – che si sono uniti creando una rete metropolitana.
Il Coordinamento degli Empori solidali e la sperimentazione nella città metropolitana bolognese sono stati presentati venerdì scorso durante il convegno “La realtà degli Empori Solidali in Emilia Romagna” promosso da ANCI Emilia-Romagna e Unione dei Comuni Valli Reno Lavino Samoggia.
Gli obiettivi della rete sono molteplici, condividere le “diversità” e le buone prassi, avere più voce e visibilità, diffondere la conoscenza del progetto emporio ed attrarre volontari, porsi come interlocutore unico con le istituzioni e il terzo settore, realizzare progetti in collaborazione con altre realtà (scuola – es. alberghiero per trasformazione prodotti in eccesso – e Azienda Sanitaria per percorsi informativi sull’igiene e la corretta alimentazione), essere partner di peso con i “fornitori” (aziende produttrici e grande distribuzione) in modo da ampliarne il numero.
Le azioni in rete e i progetti sono numerosi:
- un tavolo periodico di incontro e confronto nel quale si scambiano informazioni ed esperienze,
- formazione, aggiornamento e motivazione dei volontari,
- creare una rete delle eccedenze per scambi di prodotti in eccesso nell’ottica del non spreco secondario e logistica dei trasporti,
- giornate di raccolta ed ampliamento delle catene distributrici aderenti.
Inoltre la Rete sta lavorando a un progetto per creare, all’interno dell’Albo metropolitano delle aziende inclusive – che svolgono attività di inclusione socio-lavorativa delle persone in condizioni di svantaggio – un’apposita Sezione Aziende Solidali dedicata alle aziende che decidono di conferire agli empori, in modo sistematico, le eccedenze, attribuendo loro un logo con il quale si renda visibile la responsabilità sociale di impresa.
Questo consentirebbe sia di creare un punto di riferimento importante per le aziende che hanno prodotti in eccesso sia di avere una solida e variegata base di approvvigionamento per gli empori in rete e di mettere in campo progetti di tirocinio o di inserimento lavorativo per le persone prese in carico dall’emporio.
Da Parma a Rimini, gli empori solidali attivi in Emilia-Romagna sono già 22, altri due, uno a Piacenza e uno a Lugo (Ra), apriranno entro l’anno. Dal 2010, quando a Parma inaugurò la prima struttura, a giugno 2018 le famiglie assistite sono state oltre 10mila. 136 le organizzazioni non profit (associazioni di volontariato, cooperative sociali, Caritas e altri gruppi ecclesiastici) che in questi 8 anni sono state coinvolte nel funzionamento delle strutture, dall’approvvigionamento alla distribuzione; 376 le aziende fornitrici di beni alimentari e non. Quasi mille, infine, i volontari che hanno messo a disposizione tempo e impegno per far funzionare al meglio questa realtà.
Ciascun emporio stabilisce le regole di accesso alla propria struttura: di norma, occorre risiedere nel territorio in cui ha sede e dichiarare un Isee tra i 3.000 e i 10.000 euro e, come criterio di priorità per ricevere la tessera punti, essere rimasti senza lavoro, essere iscritti a un Centro per l’impiego e avere a carico figli minorenni.