Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha firmato questa mattina la richiesta di stato d’emergenza nazionale per i danni causati dal maltempo in Emilia-Romagna nell’ultimo fine settimana, subito dopo inviata al Governo. A una prima stima, i danni superano i 22 milioni di euro: si tratta delle spese per soccorso, assistenza alla popolazione e ai cittadini, interventi di somma urgenza eseguiti o in corso. Quella definitiva verrà completata nei prossimi giorni una volta terminati i sopralluoghi nei territori colpiti con le verifiche relative sia alla parte pubblica che ai privati, cittadini e imprese.
Rotta del fiume Reno a Castel Maggiore (Bo)
I tecnici e gli uffici regionali hanno poi completato la relazione sulla rotta arginale del fiume Reno in località Passo Pioppe di Sala Bolognese, in un punto in cui era stata individuata la necessità di ricostruire un tratto arginale in presenza di un rischio di sifonamento del corpo arginale destro del Reno. Il tutto in corrispondenza di un’area demaniale dismessa in uso all’Esercito e in passato adibita a campo di esercitazione del Genio Pontieri, denominata “Poligono ten. Mirone”. L’area si trova nel Comune di Sala Bolognese, sul cui territorio è posta la golena e l’argine del Reno, ma confina con il Comune di Castel Maggiore a cui appartiene la viabilità ai piedi dell’argine stesso (via Lame).
Per consentire la realizzazione del manufatto, è stato costruito un argine secondario a protezione del cantiere stesso, argine secondario che aveva non solo le stesse caratteristiche di tenuta dell’argine originale ma anche un’altezza superiore. L’opera non presentava dunque elementi di fragilità e, per come realizzata, ha contribuito a frenare l’impatto della piena e a contenere l’afflusso dell’acqua, che ha poi assunto dimensioni di eccezionalità: all’origine di quanto accaduto, c’è infatti una piena di straordinaria portata, superiore di ben 81 centimetri a quella record del 2014, generata da piogge insistenti per diverse ore su tutta l’asta del Reno e lo scioglimento repentino di buona parte della neve caduta abbandonate nei giorni scorsi, dovuto ad un improvviso rialzo delle temperature. Secondo i tecnici, se il contrargine realizzato non fosse stato più alto di quello originario, il sormonto e la successiva erosione avrebbe interessato un tratto ben superiore ai circa 60 metri di arginatura colpita, raggiungendo i 150-160 metri, con conseguenti esiti catastrofici rispetto a quelli pur molto gravi verificatisi.
E’ in corso il calcolo preciso della quantità d’acqua fuoriuscita, sebbene si stimino già oltre 2-3 milioni di metri cubi d’acqua. Certo è che gli uomini e i mezzi impegnati sul campo, già nella notte hanno chiuso la frattura che si era generata, interrompendo la fuoriuscita d’acqua in tempi molto contenuti, vista la portata della piena. Nel frattempo, a monte, il lavoro in sinergia fra l’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile e il Consorzio di Bonifica Renana, permetteva, attraverso il canale consorziale Riolo, di far confluire l’acqua dentro al Canale emiliano-romagnolo (Cer) e, in parte, nei canali della Renana, facendo deviare dal punto critico un afflusso d’acqua pari a 800mila metri cubi. Il lavoro di squadra fra l’Agenzia regionale, il Consorzio della Bonifica Renana e il Cer ha infine permesso di scaricare con successo l’acqua nel Po attraverso l’apertura del Cavo Napoleonico, operazione mai fatta prima. Un lavoro che è risultato davvero decisivo per proteggere dall’alluvione diverse comunità, evitando conseguenze ancora peggiori, per esempio nei Comuni di Pieve di Cento e Castello d’Argile. A ciò va aggiunto l’impegno dei tanti volontari della Protezione civile regionale: anche grazie a loro, infatti, entro oggi risulterà completata la ripulitura da fango e detriti di tutte le abitazioni e gli immobili colpiti.
I tempi
Dalla relazione tecnica emerge come i tempi di realizzazione della nuova arginatura rientrino nella media di quelli relativi alle opere pubbliche, sulla base delle norme vigenti, delle procedure da seguire e degli adempimenti richiesti. In questo caso specifico, va considerato poi che l’area interessata dai lavori è stata fino a poco tempo fa un’area militare, quindi non accessibile ai civili per interventi di qualunque tipo. Si è dunque dovuto provvedere a liberare la zona dalle servitù militari, prima di poter procedere con i lavori, che hanno inoltre comportato anche un intervento massiccio di bonifica da eventuali residui bellici. Solo l’11 settembre scorso, infatti, è stato trasmesso ai servizi regionali l’attestato di bonifica bellica terrestre da parte dell’impresa incaricata.