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Mario Lucenti di Confimi Emilia: “Dobbiamo rifondare i nostri istituti professionali e tecnici, oggi assomigliano troppo a dei Licei”

Regolamenti, istituti di credito e legislatori continuano a favorire le multinazionali, eterne portatrici di soluzioni semplici a problemi storici. Chi assume però, secondo uno studio molto dettagliato divulgato da Confartigianato, sono le piccole e medie imprese, colonna portante della nostra economia, aziende che propongono una fotografia perfetta di quello che è il nostro modo di fare impresa. Siamo il popolo delle piccole e medie imprese, le ultime ad accedere al credito agevolato, le ultime ad abbandonare lavoratori e dipendenti con chiusure dolorose.

In questi anni difficili, ancora una volta tocca alle piccole e medie imprese dare una svolta. Pronte ad assumere, a patto però che i giovani siano qualificati per svolgere mansioni dove sono indispensabili abilità manuali e conoscenze tecniche.
La ripresa del mercato del lavoro vede in testa le piccole imprese, con un tasso di creazione di posti di lavoro del 3,8%, doppio rispetto al 2% delle medio-grandi. I dati divulgati  rafforzano quando sostenuto da Confimi in questi ultimi mesi, portando il problema alla sorgente: il lavoro non manca, mancano figure qualificate. Mancano collegamenti utili e funzionanti tra lavoro e scuola.

Dopo il tonfo degli anni peggiori della crisi l’occupazione è in risalita. Reggio Emilia si attesta all’undicesimo posto in Italia, dando segnali positivi. Meglio Modena che si piazza all’ottavo posto, con un 69,1%. In vetta alla graduatoria Bologna e Bolzano, uniche realtà sopra il 70%.

“Siamo bloccati da una politica assente e lontana dalla realtà, una politica che ha paralizzato il nostro Paese: non solo le istituzioni non ci aiutano nella crescita e nella creazione di posti di lavoro, ma addirittura ci ostacolano assediandoci con una burocrazia unica al mondo” così Mario Lucenti, direttore generale di Confimi Emilia, associazione che raggruppa oltre 500 aziende manifatturiere del territorio. Lucenti ha continuato dicendo: “In questi giorni media nazionali e televisioni hanno visitato le nostre aziende metalmeccaniche:  solo le nostre aziende associate sono pronte ad assumere 1000-1500 operai e tecnici specializzati entro il 2019. Il problema è che mancano figure qualificate, mancano tornitori e saldatori, mancano disegnatori Cad. Prima di parlare di reddito di cittadinanza sarebbe opportuno dare manodopera alle nostre aziende mettendo mano al sistema scolastico: dobbiamo rifondare i nostri istituti professionali e tecnici, oggi assomigliano troppo a dei Licei”.

Nel dettaglio la ricerca evidenzia come le figure con la maggiore difficoltà di reperimento siano i tecnici programmatori (difficoltà di reperimento del 57%), tecnici esperti in applicazioni (55,6%), analisti e progettisti di software (55,5%), tecnici meccanici (55,3%), elettrotecnici (54,9%), ponteggiatori (53,7%), altre professioni tecniche della salute (52,3%), tecnici della produzione e preparazione alimentare (51,9%), attrezzisti di macchine utensili e professioni assimilate (51,4%), sarti e tagliatori artigianali, modellisti e cappellai (51,1%), ingegneri energetici e meccanici (50,8%), tecnici elettronici (50,6%) e operai addetti a macchinari per la filatura e la bobinatura (50,2%).

“Reputo molto utile e dettagliato questo documento, rispecchia a pieno anche la situazione delle aziende associate a Confimi Emilia” – conferma Lucenti – “Oggi siamo in contatto diretto col mondo della scuola, stiamo valutando anche di allestire una vera e propria accademia della metalmeccanica, vista l’emergenza. Ci sono settori che rappresentano una grande opportunità sia per i nostri giovani in cerca di lavoro sia per il nostro Paese, in cerca di riscatto dopo gli anni della crisi. L’unico modo che abbiamo per non perdere anche questo treno è quello di allineare le necessità delle aziende col sistema scolastico: devono correre su binari paralleli”.

















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