Ha preso avvio in questi giorni il corso “Affettività, genitorialità e sessualità delle persone disabili” promosso dal progetto Reggio Emilia Città senza barriere per esplorare e imparare a sostenere la dimensione relazionale, affettiva e sessuale delle persone con disabilità. Il percorso formativo nasce dagli esiti della ricerca sulla sessualità dei disabili, realizzata a fine 2016 con il coinvolgimento di 740 persone tra operatori, familiari e persone con disabilità per indagare vissuto e desiderata in termini di prevenzione, salute e benessere, affettività, relazioni sentimentali, sesso.
Si tratta di una ricerca che ha messo in luce come questa dimensione, spesso sottovalutata, sia indubbiamente multiforme e arrivi ad abbracciare un ampio spettro relazionale che va dal benessere, al contato fisico inteso come carezze e coccole fino al ricorso dei cosiddetti ‘assistenti sessuali’. Uno spettro sul quale è necessario che le persone che ruotano attorno alle persone con disabilità possano ragionare ed essere formate.
“Da tempo il Comune e Fcr insieme all’Asl sono impegnati ad affrontare il tema del diritto all’affettività e sessualità delle persone disabili – ha detto stamane il vicesindaco e assessore al Welfare Matteo Sassi alla stampa – Dopo la ricerca del 2016, che ha messo in luce come gli stessi operatori necessitano di strumenti per approcciarsi al fenomeno con maggior consapevolezza, vogliamo affrontare questo tema complesso che ancora costituisce un tabù per l’opinione pubblica. Si tratta di una sfida con cui gli operatori si confrontano da tempo e che ora, grazie al percorso di formazione, potranno sostenere con maggior professionalità”.
“Il tema della sessualità è molto sentito nella nostra società, ci è spesso sbattuto in faccia, ma se riguarda i disabili diventa invece un tabù – ha aggiunto la presidente di Fcr Annalisa Rabitti – Non affrontare questo tema è come fare uno sgarbo ai disabili stessi e come servizio abbiamo la responsabilità di supportarlo”. All’incontro è intervenuta anche Laura Mauri, responsabile del Servizio handicap adulti dell’Asl, che ha evidenziato la “necessità di educare alla sessualità così come si fa con gli adolescenti che si approcciano a questa sfera di vita”.
Uno dei temi principali emerso dalla ricerca è appunto quello relativo alla formazione: un’ampia maggioranza del campione di operatori (il 90%) e di familiari (il 66%) dichiara di essere disponibile a seguire seminari e corsi specifici sulla sessualità in presenza di una disabilità e vorrebbe in particolare fossero trattati argomenti quali l’educazione sessuale dei ragazzi con disabilità e l’influenza delle varie forme di disabilità sulla fisiologia della sessualità. Il percorso formativo “Affettività, genitorialità e sessualità delle persone disabili” intende esplorare questi temi partendo da casi concreti e cercando di accompagnare i contesti famigliari ed educativi/di servizio in cui le persone disabili vivono gran parte della loro quotidianità, proprio per migliorare le competenze necessarie di operatori, familiari, volontari.
L’attività – articolata in 30 ore d’aula e pensata per 100 partecipanti – coinvolge, con l’obiettivo di ampliare il più possibile la pluralità di sguardi, svariate figure professionali, come il personale sanitario (sia medici che infermieri) dell’Ausl, psicologi, assistenti sociali ed educatori, coordinatori e referenti dei progetti di Comune ed Fcr, familiari di persone disabili e studenti di scienze dell’educazione. Ieri si è tenuta la prima giornata con una lezione magistrale di Fabio Veglia, professore ordinario di Psicologia clinica all’Università di Torino e coordinatore scientifico del Servizio disabilità e sessualità della Divisione servizi socio-assistenziali di Torino.