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Il Ceta compie un mese. Confagricoltura Emilia-Romagna: “Si avrà un effetto traino sulle produzioni agricole oltre ad una maggior stabilità dei prezzi”

Compie un mese di vita il Ceta, trattato di libero scambio Ue-Canada entrato in vigore lo scorso 21 settembre. Sono 321 le imprese dell’agroalimentare emiliano romagnolo che nel 2016 hanno esportato in Canada (erano 308 nel 2015 e 288 nel 2014), per un valore complessivo di 93.000.000 euro. E ora contano di incrementare il volume delle proprie transazioni.

Svettano le aziende di Parma e Modena con un flusso rispettivamente pari a 30.814.000 e 21.256.000 euro. In quali comparti cresce l’export verso il Canada? Basta uno sguardo alle esportazioni del primo semestre del 2017 rapportate allo stesso periodo dell’anno precedente per scoprire che i prodotti delle industrie lattiero casearie sono passati da 11.280.073 a 14.551.752 euro (+29%); i vini da tavola ma anche i vini di qualità e gli spumanti da 9.298.610 a 10.404.107 (+11,9%); la carne lavorata, i salumi e gli insaccati da 5.176.130 a 7.315.949 (+ 41,3%); la frutta e gli ortaggi lavorati e conservati da 1.939.792 a 2.924.119 euro (+50,7%), secondo i dati di Unioncamere Emilia-Romagna.

Qual è il beneficio per le aziende agricole che non esportano direttamente? «Con il Ceta – spiega il presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, Gianni Tosi – chi conferisce alle aziende di trasformazione potrà sentirsi tutelato da contratti pluriennali, continuità e garanzia del reddito. Inoltre più latte o carne trasformata va sui mercati extraeuropei, più si riduce la concorrenza sul mercato interno e dell’Unione Europea. Sicché si ottiene un effetto traino sulle produzioni agricole oltre ad una maggior stabilità dei prezzi».

Mulino Alimentare Spa di Parma, leader nell’export di formaggio Parmigiano Reggiano in Canada, conta nel prossimo triennio di incrementare le vendite nel paese passando da 12.000 a più di 35.000 forme annue. «Piace la qualità e genuinità del formaggio ma piace soprattutto la sua storia e il territorio d’origine. Vendiamo loro qualcosa che non hanno» sottolinea l’Ad Claudio Guidetti.

Intanto si fanno strada coloro che solo adesso cominciano ad esportare in Canada. È la storia di Silvia Zucchi, produttrice vinicola di San Prospero di Modena che prima dell’entrata in vigore del Ceta non riusciva nemmeno ad inviare liberamente i campioni di Lambrusco doc all’agente di Alberta. Il prezzo finale? «Risultava alto, tra accise varie e dazi – racconta la giovane imprenditrice – una bottiglia finiva per essere venduta all’enoteca canadese tre volte tanto il prezzo franco cantina. Tasse che invece, ora, non ci sono più. Sono state eliminate dal trattato di libero scambio».

Il Canada diventa un mercato promettente soprattutto per i vini di fascia alta, fanno sapere dalle Cantine Chiarli, che già da qualche anno esportano Lambrusco Grasparossa in tutto il paese dalla Colombia Britannica all’Ontario fino al Quebec e puntano sui lambruschi speciali Cleto Chiarli per la ristorazione (un fatturato complessivo di 150.000 euro nel 2016). Ne sono certi: «La qualità verrà apprezzata e riconosciuta dai consumatori canadesi, attenti e consapevoli».

 

















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