Sono state 181 mila le persone sbarcate in Italia nel 2016; l’anno precedente circa 84 mila persone avevano presentato la richiesta d’asilo. Sono 1.371 i rifugiati e profughi presenti nei Centri di accoglienza straordinari gestiti direttamente dalla Prefettura di Modena. Sono invece gestiti dal Comune nell’ambito di un progetto finanziato dal ministero e gestito dagli enti locali i 65 posti Sprar.
Ma cosa c’è dietro ai numeri? Le storie, i volti e le motivazioni di un fenomeno che ha assunto proporzioni e caratteristiche tali da fare escludere agli esperti che si possa parlare ancora di emergenza, entrano nelle classi delle scuole di Modena attraverso Welchome, il progetto di accoglienza in famiglia di giovani richiedenti asilo promosso dall’assessorato al Welfare del Comune di Modena insieme a Caristas diocesana, Terzo settore e associazioni di volontariato.
L’obiettivo di Welchome di sperimentare forme innovative di accoglienza in contesti non istituzionalizzati come le famiglie – oltre una dozzina quelle che hanno già attivato un percorso di accoglienza – va di pari passo con l’idea fondante di coinvolgere la società civile per favorire l’inclusione sociale.
Accanto al progetto di accoglienza in famiglia, si è quindi sviluppato anche “WelcHome a Scuola” che intende fornire agli studenti delle scuole superiori alcuni strumenti e spunti di riflessione sul tema delle migrazioni.
Ad entrare nelle classi di diversi istituti cittadini sono gli operatori che si occupano di richiedenti asilo e anche alcuni richiedenti asilo disposti a raccontare la loro storia. Gli incontri si sono svolti prima al liceo d’Arte Venturi, poi all’Istituto Barozzi e altri se ne svolgeranno presso i licei Corni, Sigonio, Wiligelmo e l’Istituto Fermi.
Inoltre, sono partiti dal Liceo Sigonio anche analoghi incontri che riguardano in particolare il percorso sui Minori stranieri non accompagnati con la presenza in classe dell’assistente sociale, della psicologa che segue le famiglie accoglienti e del responsabile di una delle Comunità per minori da cui i ragazzi transitano prima di arrivare in famiglia. In città minori stranieri non accompagnati (Msna), ritenuti dalla legge in stato di abbandono e quindi affidati ai Servizi sociali del Comune, sono un centinaio, tra quelli collocati nelle comunità e i 15 accolti in famiglia.
In classe gli operatori dialogano con gli studenti partendo dalle loro esperienze di vita: chi di loro è stato all’estero? Dove e per quali motivi? Come hanno organizzato il viaggio? Emergono così i primi elementi su cui ragionare: i diversi accordi fra Stati Ue ed extra Ue, il passaporto e il Visto, i potenziali cambiamenti dopo Brexit e quelli legati alla presidenza Trump.
Questo il punto di partenza per immedesimarsi nell’esperienza di un loro coetaneo che voglia raggiungere l’Europa magari dall’Afghanistan, dalla Siria, dal Gambia: quali rotte dovrà seguire? A quali intermediari dovrà affidarsi e con quali rischi? Gli operatori cercano quindi di dare alcuni elementi concreti rispetto ai percorsi dei migranti che scappano da situazioni di guerra o grave pericolo: i controlli alle frontiere, le tappe intermedie, i trafficanti, il debito per il viaggio. Nel confronto con la classe vengono inoltre inseriti elementi più tecnici che possano aiutare i ragazzi a leggere un fenomeno complesso come quello migratorio: quanti stranieri vivono in Italia, quanti sono sbarcati nel 2016, qual è la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale.
La seconda ora è invece dedicata alla testimonianza di un titolare di protezione umanitaria che in passato è stato ospite del programma di accoglienza realizzato dal Progetto Rifugiati Sprar del Comune di Modena.
E.L. per esempio racconta agli studenti la propria infanzia in Gambia, la sua famiglia di origine, le grandi responsabilità ricadute su di lui alla morte del padre; descrive alcuni lavori svolti nel proprio paese e in seguito la sua decisione di arruolarsi nell’esercito per avere un’occupazione più stabile. Il racconto prosegue con le vicende che hanno portato alla fuga dal paese d’origine e al viaggio attraverso Senegal, Mali, Niger, la traversata del deserto e l’arrivo in Libia, con la grande aspettativa di trovare facilmente un’occupazione che gli potesse consentire di provvedere a se stesso e alla sua famiglia rimasta in Gambia. La realtà della Libia però è ben diversa, caratterizzata da violenza, razzismo, lavori non retribuiti e rapine. È infine il momento della traversata del mare e dell’arrivo in Italia, la prima accoglienza e poi il trasferimento a Modena, dove finalmente può partecipare a diversi percorsi formativi e professionalizzanti che lo portano a rendersi autonomo sul nostro territorio.