Sarà brindisi di fine anno (anche) per gli agricoltori? Se lo chiede Confagricoltura Emilia-Romagna estremamente cauta nella lettura dei dati 2016 di Istat e Unioncamere su elaborazione del Centro Studi di Confagricoltura. «Cambia lo scenario dell’agricoltura regionale trainata dall’export di prodotti che ha segnato un + 7,3% nel periodo gennaio-settembre 2016, per un valore complessivo di 686 milioni di euro; spiccano le aziende strutturate suddivise tra società di capitale (+ 2,04% variazione percentuale 2015-2016) e società di persone (+ 1,18%) mentre cedono il passo le imprese individuali (-1,56%) – commenta il presidente Gianni Tosi e avverte – serve una risposta concreta alle esigenze della nuova compagine imprenditoriale destinata a crescere sempre di più con l’internazionalizzazione». Bene l’occupazione (10.000 addetti in più tra dipendenti e autonomi), ma sono a rischio tante piccole aziende e allevamenti zootecnici che chiedono aiuto e sostegno nel percorso di crescita dimensionale.
Il Centro Studi di Confagricoltura stima che a fine anno l’andamento complessivo dei prezzi all’origine sarà mediamente in calo del 5-6% rispetto alla flessione media dei costi di produzione che non dovrebbe superare il 2-2,5%. Di fatto queste tendenze generali si riflettono in una forte differenziazione tra le produzioni, con crolli del prezzo su base tendenziale annua (la crisi cerealicola e poi anche gli orticoli e le uova) a fronte di parziali recuperi su alcuni comparti, che erano stati colpiti da forti crisi di mercato negli anni passati, come il latte bovino e le carni suine.
In dettaglio, i cereali: “la crisi del mercato e la flessione dei prezzi alla produzione – sottolinea il presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna – impongono una migliore programmazione delle semine che deve essere guidata e sostenuta da una filiera competitiva attraverso un’adeguata attività di consulenza rivolta agli stessi agricoltori sulle migliori varietà richieste dall’industria di trasformazione e sulle più moderne tecniche dell’agricoltura di precisione”.
L’ortofrutta: “le parole d’ordine sono qualità e distintività, che vuol dire regolare l’incontro tra domanda e offerta. E ascoltare gli allarmi più volte lanciati dai frutticoltori”. Un esempio su tutti: la cimice asiatica. Gli agricoltori attendono ancora una risposta dalle Istituzioni, dopo l’appello lanciato lo scorso agosto da Confagricoltura Emilia-Romagna. Oramai non è più solo il comparto delle pere sotto scacco ma anche quello delle pesche e nettarine. Per quanto concerne il pomodoro da industria, invece, l’equilibrio tra domanda e offerta si fonda ora sulle sinergie messe in atto dall’Interprofessione e su un’adeguata tempistica della contrattazione tale da garantire una giusta remunerazione del prodotto. “La linea dettata dal neo presidente dell’OI Pomodoro da industria del Nord Italia e condivisa con Confagricoltura, fa ben sperare”.
Massima attenzione va posta sulla filiera suinicola. L’Emilia-Romagna produce i salumi e gli insaccati più esportati nel mondo tra eccellenze tipiche, Dop e Igp. In Regione è nata la prima interprofessionale suinicola, l’O.I. Gran Suino italiano, che di recente ha ottenuto il via libera ad operare su tutto il territorio nazionale e sta avviando un importante percorso di ricerca all’interno della rete tematica europea per l’innovazione delle aziende suinicole appena costituita a Bruxelles (Eu Pig). Confagricoltura Emilia-Romagna auspica “che l’O.I. possa evolversi e diventare lo strumento rappresentativo della suinicoltura italiana”.
In merito alla gestione delle tematiche in mano alla pubblica amministrazione, prosegue Tosi, “va riconosciuto alla Regione Emilia-Romagna il merito di essere stata tra le prime in Italia ad erogare il saldo degli aiuti relativi alla Domanda Unica 2016 attraverso l’Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura (Agrea) che, nonostante le difficoltà in cui si è trovata ad agire a causa della mancanza di risorse e delle inefficienze del sistema nazionale, ha saputo soddisfare in maniera tempestiva il bisogno di liquidità delle aziende.
Infine sul tema del PSR “la realtà dimostra purtroppo che il budget per la programmazione 2014-2020 non basta”: il forte dinamismo imprenditoriale degli agricoltori emiliano-romagnoli si è tradotto nella presentazione di numerose domande di contributo (dagli investimenti aziendali alla formazione, dalle misure ambientali a quelle rurali). «Adesso attendiamo che la Regione valuti la soluzione insieme alle rappresentanze agricole. Si rivelano pertanto inopportune e poco costruttive le pressioni esercitate da alcuni soggetti: non si risolvono i problemi con i ricatti» conclude il presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna ricordando che “i fondi aggiuntivi messi a disposizione dalla Regione, avremmo preferito venissero allocati a sostegno degli investimenti strutturali come spesso ribadito dalla nostra organizzazione agricola”.