Il grande obiettivo di avere una società alimentata con il 100% di rinnovabili non è riservato agli stati piccoli o tecnologicamente avanzati, ma è alla portata di tutti. Ne sono convinti Mark Jacobson e Mark Delucchi, due ricercatori dell’università di Stanford, che hanno analizzato ogni singolo paese. Ce ne ha parlato Tiziano Motti, eurodeputato della settima legislatura e presidente di Europa dei Diritti. Per raggiungere l’obiettivo ‘100percent’ i paesi globalmente dovrebbero ricavare il 19,4% dell’energia dall’eolico onshore, il 12,9% dall’eolico offshore, il 42,2% dal fotovoltaico, il 5,6% da tetti solari, il 7,7% dal solare a concentrazione, il 4,8% dall’idroelettrico e l’1,47% da geotermico, onde e maree. Per l’Italia invece ci vorrebbe un forte apporto dal fotovoltaico, oltre il 65%, e dell’eolico onshore, intorno all’11%. Con questo schema si guadagnerebbero in tutto il mondo e nei 25 anni 22 milioni di posti di lavoro, al netto di quelli persi nel campo dei combustibili fossili, evitando dai 3,3 ai 4,6 milioni di morti premature a causa dell’inquinamento. Questo sistema renderebbe inoltre non necessario qualunque accordo sulle emissioni, mandando in pensione anche le centrali nucleari. I ricercatori hanno anche calcolato quanto ogni paese è vicino alla meta. Oggi è la Norveglia quello che si avvicina di più, con un 67% di rinnovabili, seguito dal Paraguay, l’unico altro sopra il 50%. L’Italia è al ventisettesimo posto, mentre in fondo alla classifica ci sono alcune superpotenze dei combustibili fossili come Oman e Qatar, Singapore e, all’ultimo posto con lo 0%, Trinidad e Tobago.
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