La provincia di Bologna, da circa un anno, è tra le più colpite a livello nazionale da fenomenologie delittuose legate all’età avanzata delle vittime. In particolare, alcuni malfattori, spacciandosi per “avvocati” e “appartenenti alle Forze di Polizia”, hanno perpetrato numerosissime truffe in danno di anziani: le vittime, contattate telefonicamente da un “sedicente avvocato”, vengono indotte a credere che un parente sia coinvolto in un sinistro stradale e che, per non avere pagato in tempo l’assicurazione, è trattenuto in una “Caserma dei Carabinieri”.
Per rendere il tutto più credibile, la conversazione viene indirizzata ad un finto “Maresciallo dei Carabinieri”, che le rassicura sulle buone intenzioni dell’“avvocato”, carpendone così definitivamente la buona fede ed inducendole a consegnare ad un altro complice, presente nelle vicinanze ed in contatto diretto con l’”avvocato”, denaro o preziosi, per pagare il bollettino dell’assicurazione.
Questa truffa, di apparente semplicità esecutiva, richiede invece un accurato studio preparatorio, articolato su tre fasi:
– “raccolta illegale di informazioni personali”. Questo momento concerne l’illecita acquisizione, per esempio, di dati sia anagrafici che medici, delle abitudini quotidiane e dell’età, mediante l’esecuzione di telefonate, di pedinamenti o di quesiti ai vicini di casa, impersonando pubblici ufficiali (carabinieri, finanzieri, amici, tecnici riparatori ecc. ecc.);
– “utilizzazione delle informazioni raccolte”. Questa circostanza è utilizzata per scegliere la truffa che meglio si adatta alla vittima;
– “scelta del momento e del luogo ideale”. La consumazione di questo tipo di truffe è legata inequivocabilmente ad un orario in cui un condominio o un vicinato sono meno frequentati o in cui la vittima è sola in casa, o se in piena strada, simulando una situazione di emergenza, come per esempio un incidente.
Dal febbraio 2016 i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bologna e della Compagnia Bologna Centro hanno avviato una complessa indagine finalizzata a disarticolare un sodalizio criminale dedito appunto alle truffe con la cosiddetta “tecnica della cauzione”.
Le investigazioni, condotte sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Bologna – Dottor Forte – e svoltesi anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e servizi di osservazione e pedinamento, hanno permesso di individuare l’esistenza di un’organizzazione criminale specializzata nelle truffe alle persone anziane, con sede esecutiva a Napoli, composta da una pluralità di “batterie”, attive sul territorio nazionale in maniera autonoma.
Nello specifico, è stata individuata una “batteria” riconducibile ad un clan di Casoria, composta da soggetti suddivisi stabilmente in “aliquote specializzate”:
- “cellula di telefonisti/terminalisti”, normalmente tre soggetti, stanziali a Napoli, incaricati di:
- individuare e contattare come “avvocato” le potenziali vittime, grazie a siti web che abbinano l’indirizzo al numero del telefono fisso;
- provocare il contatto con il finto Carabiniere, spesso presentato come “Maresciallo Primo”, per rassicurare la vittima, invitata a comporre un numero di telefono della caserma dei Carabinieri, senza rendersi conto che il truffatore, in realtà, non interrompe mai la comunicazione;
- “aliquota di emissari”, due soggetti, presenti sui luoghi delle truffe, in contatto diretto con i telefonisti, a cui suggeriscono gli indirizzi e che riscuotono le finte cauzioni dalle vittime.
Le indagini hanno permesso di accertare che l’organizzazione criminale in questione è collegata ad un clan di Napoli, a cui corrispondono una tangente, che nel corso delle conversazioni è invocata in maniera convenzionale con i termini di “pesone” o “carosiello”, ed il cui pagamento, a titolo di protezione, è ritenuto indispensabile per poter operare in tutta “tranquillità” e “sicurezza”.
In particolare, il “canovaccio” abituale era un sedicente avvocato, che si presentava come “avvocato Molinari”, componeva numeri di telefono di abitazioni di una medesima via/quartiere reperendoli da siti internet, fino a quando non s’imbatteva in una persona anziana in casa da sola.
L’avvocato cercava di convincere l’anziano che l’unico modo di risolvere la situazione del suo parente coinvolto in un sinistro stradale e trattenuto in una caserma dei Carabinieri evitando quindi l’arresto, era pagare una determinata somma, generalmente qualche migliaio di euro, da consegnare ad un suo collaboratore che si sarebbe presentato quanto prima presso l’abitazione.
Per rendere il tutto ancora più credibile, la conversazione veniva indirizzata, seguendo la modalità tecnica prima riferita e cioè senza interrompere mai la comunicazione, al “finto” maresciallo dei carabinieri, che si presentava come “Maresciallo Primo”, con il compito di “rassicurare” la vittima sulle buone intenzioni dell’avvocato e, pertanto, carpirne definitivamente la fiducia.
La truffa si consumava quando la vittima consegnava al “collaboratore dell’avvocato”, che nel frattempo stazionava nei pressi della via/quartiere preso di mira per la circostanza, il denaro chiesto.
In molte circostanze, poiché le persone anziane non detenevano in casa grandi somme di contante, i truffatori si facevano consegnare anche gioielli o preziosi.
Le indagini hanno acclarato che alle truffe partecipavano, direttamente o indirettamente, componenti di intere famiglie, uomini, mogli, madri e figli, non solo con compiti operativi ma anche di collegamento con gli emissari, intervenendo all’occorrenza anche in prima persona, e/o logistici, reperendo numeri di telefoni cellulari ed autovetture con cui spostarsi, trasformando l’attività illecita in un vero e proprio “affare di famiglia”, dal quale tutti traevano sostentamento.
L’indagine ha avuto una decisa accelerazione quando, il 13 aprile 2016 in Bologna, nel corso di uno degli innumerevoli servizi di osservazione condotti dai Carabinieri per contrastare il dilagante fenomeno, venivano individuati due “collaboratori dell’avvocato”, che tentavano di farsi consegnare del contante da alcuni anziani incappati nella truffa, bloccati e tratti in arresto in flagranza di reato: D.N., 20enne nato a San Gennaro Vesuviano (NA) e G.V., 22enne nato a Napoli.
Il GIP del Tribunale di Bologna – D.ssa Ines Rigoli, recependo le risultanze investigative, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 9 soggetti, dei quali 4 da restringere in carcere e 5 agli arresti domiciliari, ravvisando nelle condotte dei correi il reato di cui all’art.416 C.P.. Si tratta di una contestazione assolutamente originale, innovativa ed efficace rispetto alla fattispecie delittuosa: aver fatto emergere la matrice ideativa comune ed aver individuato gli elementi fattuali costitutivi di un’associazione finalizzata a commettere una serie elevatissima ed indeterminata di truffe pluriaggravate in danno di anziani, con condotta protratta nel tempo ed ancora in essere, agendo mediante ripartizione dei compiti, con carattere di continuità e stabilità, ha permesso di aggredire in modo incisivo fenomeni delittuosi nei cui confronti, se presi singolarmente, la normativa vigente non offre strumenti di contrasto efficaci ed adeguati
Alla batteria vengono al momento contestate 43 truffe tra tentate e consumate, nelle città di Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Catanzaro, Roma, Cosenza, Bari e Avezzano (AQ).
Nel corso della nottata di oggi 30 settembre 2016, a Napoli, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bologna e della Compagnia di Bologna Centro, supportati da quelli del Comando Provinciale di Napoli, hanno dato esecuzione ai provvedimenti traendo in arresto e traducendo in carcere quattro persone: M.E., 28enne nato a Napoli; S.E.. detto “Totore”, 38enne nato a Napoli; S.E. detto “Totoriello”, 32enne nato a Napoli; G.S., 41enne nato a Napoli;
collocando agli arresti domiciliari: D.C., 28enne nato a Napoli; M.L., 31 anni, nato a Napoli; G.E. detto “Genny”, 18enne nato a Napoli e M.M., 29enne pure lui nato a Napoli.
Un nono componente della banda è ricercato, probabilmente all’estero.
Sono state anche eseguite perquisizioni in ulteriori 12 abitazioni di altrettanti soggetti che nel corso delle investigazioni sono risultati essere implicati nella truffa. In numerose abitazioni è stato rinvenuto materiale riconducibile alle attività truffaldine dei soggetti, soprattutto ingenti somme di denaro contante, telefoni cellulari e sim card.