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Venerdì 13 maggio a Formigine presentazione del libro “Morire a Mattmark”

Morire-a-MattmarkE’ promossa dall’Anpi di Formigine insieme a Cgil di Sassuolo, Arci Modena, Auser Formigine, Polisportiva formiginese, Libreria Agorà e Circolo Flora, l’iniziativa di venerdì 13 maggio a Formigine per la presentazione del libro “Morire a Mattmark. L’ultima tragedia dell’emigrazione italiana” di Toni Ricciardi (Donzelli Editore, 2015).
L’appuntamento è alle ore 14.30 presso la sala teatro della Polisportiva Formiginese (viale dello Sport,1 Formigine), ingresso libero e aperto a tutti. L’iniziativa gode del patrocinio del Comune di Formigine.
Alla presentazione del volume seguirà un dibattito su “Migranti di ieri e di oggi” con gli interventi di Toni Ricciardi, autore del libro e storico delle Migrazioni all’Università di Ginevra, Lorenzo Bertucelli docente di Storia Contemporanea Università Modena-Reggio Emilia, Gerardo Bisaccia vice presidente Arci Modena e Franco Zavatti responsabile legalità e sicurezza Cgil regionale.
“Morire a Mattmark. L’ultima tragedia italiana” è la ricostruzione della tragedia sul lavoro che si verificò il 30 agosto 1965 a Mattmark in Svizzera dove una valanga che si staccò dal ghiacciaio dell’Allain travolse le baracche di alloggio degli operai che stavano costruendo la diga del lago Mattmark a 2120 metri di altezza. I morti accertati furono 88, di cui 56 italiani.

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A Mattmark non ci si fermava mai, si lavorava giorno e notte per costruire un’imponente diga capace di produrre l’energia necessaria a un paese, la Svizzera, che stava vivendo una crescita economica senza precedenti. Nel cantiere lavoravano più di mille persone, in maggioranza straniere e provenienti soprattutto dalla provincia italiana. La «piccola» Svizzera accoglieva da sola quasi il 50 per cento dell’intero flusso migratorio italiano, dando occupazione a operai impegnati in grandi opere, come la diga di Mattmark. Ma il 30 agosto 1965, in pochi secondi, accadde l’irreparabile: «Niente rumore. Solo, un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine. Autocarri e bulldozer scaraventati lontano». A parlare è uno dei sopravvissuti intervistati nel libro, uno dei testimoni della valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio che seppellì 88 lavoratori. Di questi, 56 erano italiani. Come a Marcinelle, la tragedia rappresentò una cesura nella lunga e travagliata storia dell’emigrazione italiana, segnando un punto di non ritorno. Inoltre, suscitò molto scalpore in tutta Europa: per la prima volta, stranieri e svizzeri morivano l’uno a fianco all’altro. Nei giorni successivi si scavò senza sosta con la speranza di trovare ancora vivi amici, padri, fratelli, figli. Ci vollero più di sei mesi per recuperare i resti dell’ultima salma. Questa storia si concluse nel modo peggiore: i tempi dell’inchiesta furono lunghissimi, oltre sei anni, e i diciassette imputati chiamati a rispondere dell’accusa di omicidio colposo furono tutti assolti, nonostante l’instabilità del ghiacciaio fosse nota da secoli. In appello andò anche peggio, con la conferma dell’assoluzione e la condanna dei familiari delle vittime al pagamento delle spese processuali. L’oblio nel quale è caduta la catastrofe fa parlare di Mattmark come di una «Marcinelle dimenticata». Questo volume, a cinquant’anni di distanza, sfida quell’oblio attraverso una ricostruzione, attenta e documentata, di quanto avvenne.
















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