Ingannato il 67% dei consumatori. La presentazione della ricerca lunedì con De Castro e Nicholson (Reggio Emilia, 11 marzo 2016) Il 67% dei consumatori americani considera del tutto originali e di provenienza italiana le 100.000 tonnellate di Parmigiano Reggiano “taroccato” che vengono annualmente vendute negli Stati Uniti, ricorrendo a confezioni caratterizzate da elementi di “italian sounding (bandierine tricolore, richiami a monumenti e opere d’arte) che inducono in inganno la stragrande maggioranza degli acquirenti. E’ con questi dati alla mano (frutto di una ricerca di Aicod) che il Consorzio del Parmigiano Reggiano – a sette mesi di distanza dal confronto avvenuto in Commissione Europea, dove il direttore del Consorzio di tutela venne ascoltato nell’ambito dei negoziati TTIP tra UE e Usa – riporta a Bruxelles la battaglia per sconfiggere un diffuso uso ingannevole di nomi (“parmesan” su tutti) e forme di evocazione del prodotto originale che valgono quasi un miliardo di euro. Proprio nella sede del Parlamento Europeo, infatti, lunedì 14 marzo sarà presentata la ricerca svolta sui consumatori Usa, letteralmente in balìa di inganni che si traducono, per i produttori italiani, in un pesante freno alle esportazioni di Parmigiano Reggiano su uno dei più importanti mercati (il terzo dopo Germania e Usa) per la Dop italiana. “Nell’ambito della ricerca – spiega il direttore del Consorzio, Riccardo Deserti – abbiamo mostrato agli intervistati due confezioni di “parmesan” made in Usa, di cui una senza richiami all’Italia e l’altra caratterizzata da evidenti richiami al Tricolore. Già nel primo caso il 38% dei consumatori ha indicato il prodotto come formaggio di provenienza italiana, ma la situazione è apparsa ancora più grave di fronte alla confezione caratterizzata da elementi di “italian sounding” (il tricolore su tutti): in tal caso, infatti, il 67% degli acquirenti americani è convinto di trovarsi di fronte ad autentico prodotto italiano”. “La dimensione del fenomeno – sottolinea il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Giuseppe Alai – è resa evidente dal fatto che stiamo parlando di 100.000 tonnellate di prodotto, che equivalgono al 74% dell’intera produzione di Parmigiano Reggiano e rappresentano un volume più che doppio rispetto al totale delle nostre esportazioni (oltre 47.000 tonnellate nel 2015), con un evidente pregiudizio rispetto al possibile incremento delle esportazioni negli Stati Uniti, che oggi valgono più di 9.000 tonnellate”. “Siamo consapevoli – aggiunge Deserti – che buona parte di questo prodotto “taroccato” potrebbe rientrare, una volta spogliata da elementi di “italian sounding”, tra i “parmesan” ammessi dalla legislazione americana, ma i dati ci dicono che in tal caso scenderebbe drasticamente (quasi dimezzandosi) la percentuale dei consumatori che attribuirebbero al prodotto un’origine italiana, aprendo prospettive del tutto nuove e rilevanti per le nostre esportazioni e le azioni promozionali che potrebbe sostenere il Consorzio”. “Tutto questo – osserva Deserti – a maggior ragione in un Paese che presenta enormi potenzialità, sia per l’altissima richiesta che ci giunge in funzione delle caratteristiche di artigianalità e assoluta naturalità del Parmigiano Reggiano, sia alla luce degli accordi che continuiamo a consolidare e a realizzare con le più grandi catene distributive americane, come del resto ha dimostrato recentemente anche l’apertura contemporanea di 438 forme in altrettanti punti vendita della catena Wole Foods”. Alla presentazione della ricerca nella sede del Parlamento Europeo (l’inizio è fissato alle 18,30) interverrà l’on. Paolo De Castro, relatore per il TTIP alla Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo, unitamente ai rappresentanti di Origen Espana e Cnaol Francia; i lavori saranno conclusi da Jim Nicholson, membro del Parlamento Europeo e già relatore del “Pacchetto Latte”.
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